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KAIPA: KEYHOLDER

data

28/08/2004
87


Genere: Prog Rock
Etichetta: InsideOut
Anno: 2003

Per il nostro archivio eccomi qui a recensire un album che, alla uscita lo scorso anno, si prefiggeva come obiettivo di essere il miglior album prog rock della stagione. Prima di venire al sodo relativamente al disco in se, facciamo una divagazione sul gruppo che magari a qualcuno potrebbe sfuggire. I Kaipa sono una band svedese che è ritornata sulle scene nel 2002 dopo 20 anni di silenzio e 5 album prodotti a cavallo del 1980. Questa band aveva ottenuto consensi e fama grazie alle ottime atmosfere prog che riusciva a ricreare, ma fatti personali ed episodi poco fortunati avevano portato i vari componenti a scegliere di percorrere strade diverse lasciando "morire" il gruppo nel 1982. Poco tempo fa due dei fondatori (Stolt e Lundin) hanno deciso di riportare in vita i Kaipa, e per fare ciò hanno convocato una serie di musicisti e cantanti di spicco della scena prog/fusion svedese. I presupposti per ritornare ai fasti di un tempo c'erano tutti, e così già nel 2002 un nuovo album era sulle scene ("Notes From The Past"), rivitalizzando la macchina che nel 2003 ha dato alla luce "Keyholder". Finita questa piccola digressione storica passiamo a analizzare il contenuto del CD in questione. Ci troviamo di fronte ad un complesso lavoro di progressive rock, infarcito di folk e jazz, che ha in Stolt (il chitarrista, membro permanente della famosa band prog "The Flowers Kings") l'ideatore principale. La musicalità riesce ad essere un perfetto raccordo tra atmosfere scuola anni settanta e sonorità moderne, con un l'utilizzo degli strumenti sempre sopraffino. Ottima anche la parte vocale che principalmente è sostenuta da Lundström (voce e chitarra dei Ritual), ma che ha anche in Aleena (vocalist svedese poco conosciuta fuori dal suo paese) una splendida controparte. Altra caratteristica principale è che i Kaipa non hanno puntato a mettere in luce le capacità dei singoli componenti (pur di grandissimo livello), ma sono riusciti ad incanalarle in un risultato d'insieme indubbiamente pregevole, superando il limite di alcune prog band che sembrano voler soltanto dimostrare di possedere una buona perizia tecnica. L'album si apre con la perentoria "Lifetime Of a Journey" in cui risulta inconfondibile lo stile di Stolt e i cui i richiami ai Flowers King sono evidenti, da da lì breve il cd cambia leggermente con "A Complex Work Of Art", che risulta più moderna e dove la voce (ammaliante) di Aleena la fa da padrona. Peccato sia l'unica traccia in cui il main vocalist e la ragazza svedese duettano insieme, perché lei denota una quasi insperata classe artistica, e la sua voce riesce a trasmettere emozioni assolutamente incredibili. A questo punto si susseguono molto piacevolmente "The Weed Of All Mankind" (tranquilla, ma con Lundström che la interpreta alla perfezione) e "Sonic Pearls", fino a giungere a "End Of The Rope", la traccia più rock con stile puramente americano. Gli ultimi tre brani ("Across the big uncertain" con il duetto dei due vocalist, "Distant voices" e "Otherwordly brights") si aprono verso arragiamenti orchestrali e arpeggi, i quali danno un senso, se possibile ancora più marcato, di ariosità nel lavoro della band. Nel complesso si tratta di un lavoro che è difficile inquadrare nel mercato discografico, il quale sta diventando molto "settoriale", ma che è suonato in maniera sopraffina da musicisti di trentennale esperienza, capaci di perfezionare ogni parte di quello che fanno in modo egregio, regalando all'ascoltatore un'esperienza unica. Vivamente consigliato a quegli ascoltatori che apprezzano l'unione di fantasia, sperimentazione, contaminazioni e capacità tecniche, creando un mondo particolare che forse è riduttivo classificare come progressive rock.

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