IRON MASK: Diabolica
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05/10/2016Dushan Petrossi è un tipo che non vuol saperne di mollare. Nonostante una storia segnata da alti e bassi con i suoi Iron Mask perfettamente sintetizzabile con un lavoro in chiaroscuro come 'Fifth Son Of Winterdoom', emblema della discontinuità, l'irrequieto axe-man belga riesce stavolta a piazzare un lavoro egregio. Il power metal dalla forte impronta neoclassica sembra convincere grazie ad una maggior dose di potenza rispetto alle prove precedenti e l'innesto del nuovo vocalist Diego Valdez in luogo dell'esperto Mark Boals si rivela pienamente azzeccato. Chiaramente l'originalità continua ad essere latitante e le scorribande soliste dalle evidenti influenze malmsteeniane a volte si rivelano controproducenti ed hanno il deleterio effetto di rendere track quali "Doctor Faust" o l'estenuante suite “Cursed In The Devil’s Mill” inconcludenti scopiazzature di episodi prodotti una trentina d'anni fa da Yngwie, oppure generare momenti insignificanti come "March 666". La maggior parte del materiale, comunque piuttosto canonico, si rende davvero piacevole all'ascolto soprattutto nelle tracce più arcigne che mettono in luce anche un certo appeal melodico: si pensi ad esempio a "The First And The Last" dal penetrante chorus oppure all'ottima "Oliver Twist", più articolata e ricca di cambi di tempo con un bell'accento barocco nel refrain utile per fare dei figuroni in sede live, ma anche "Galileo" con un incedere decisamente più controllato in cui i pregevoli fraseggi di Petrossi lasciano il segno. La figura della religione, del Diavolo e le loro interrelazioni con l'essere umano prendono quasi sempre il sopravvento nelle liriche (molto ben interpretate da Diego con la sua stentorea voce) che ben si integrano con il contenuto musicale, un tantino banale nei tratti più riconducibili all'happy metal (sia l'opener e "All For Metal) ma in linea di massima compatto. Una produzione fatta a regola d'arte, le indiscusse capacità tecniche dei musicisti e la tenacia del leader hanno portato gli Iron Mask a realizzare un lavoro sorprendentemente ricco di energia e dai più che discreti contenuti che potrebbe segnare loro un punto di svolta, ma per uscire dalla media di settore occore ben altro.
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