IRON MAIDEN: POWERSLAVE
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21/10/2005"Powerslave": in teoria, l'album delle conferme. In pratica, l'album delle svolte cruciali. Il disco è particolare, e questo per più motivi. Innanzitutto, dovrebbe essere, come si diceva, la conferma del livello raggiunto dalla band, e sotto questo punto di vista è riuscito a metà. Infatti se da una parte si collocano brani di indiscussa presa, come l'opener "Aces High" o la title-track, dall'altra ci sono pezzi più indiretti, più ostici, come la colossale "Rime Of The Ancient Mariner", e brani che rischiano di essere considerati troppo leggeri, come "The Duellists". E' pur vero che la qualità del prodotto, complessivamente parlando, è indiscutibilmente elevata, e questo aspetto difende bene la posizione ottenuta dai nostri inglesi. Il pubblico si spacca, come farà spesso lungo la storia della band: da un lato i "puristi", che a mio parere altri non sono se non coloro i quali non sono riusciti ad apprendere a fondo la filosofia degli Iron Maiden, dall'altra i seguaci, disposti a tutto. Dico che i puristi non hanno capito i Maiden perchè, come già ricordato, lo stile di Harris e soci è sempre stato caratterizzato da una spinta alla crescita continua, mantenendo una matrice comune che si riconosce in ogni loro brano. Va inoltre considerato che, parlando di un disco del 1984, stiamo affrontando una svolta storica, quella della metà degli anni '80, che ha portato il panorama Metal in generale ad un'evoluzione verso sonorità via via più elaborate e più lontane dalle matrici originarie. Esempio evidente è il fatto che la componente Hard Rock nello stile degli Iron Maiden si attenua in maniera quasi improvvisa, aprendo la strada a quelle scuole che oggi si definiscono di "True Metal". C'è quindi un discreto taglio col pasato, anche se pezzi come la strumentale "Losfer Words" sembrano voler ricordare in maniera indiretta che "Powerslave" è un parto di Harris tanto quanto "Killers". La nuova strada degli Iron Maiden si discosta quindi dal tracciato originario per la seconda volta, come già era stato per "The Number Of The Beast", e si prepara a quelle che saranno le sfide future: "Flash Of The Blade", anche se molto alla lontana, è la chiara progenitrice di pezzi che vedremo nascere solo nel nuovo millennio, tra "Brave New World" e "Dance Of Death". "The Duellists" è invece un leggero punto debole del cd, in quanto troppo vicina a "Where Eagles Dare", tanto quanto rischia di essere troppo "Gangland" la successiva "Back In The Village". Ma subito segue la title-track, imponente ed incalzante, un pezzo che molti rimpiangono di aver sentito poche volte dal vivo. Di mio dico, a chi mai l'abbia sentita in un live act, mi dispiace per voi: è uno di quei brani che spiegano appieno perchè gli Iron Maiden siano gli Iron Maiden. Infine la chiusura, con la canzone più complessa dell'album, quella "Rime Of The Ancient Mariner" che, ispirata dall'omonimo poema di Samuel Taylor Coleridge, porta un'immensa carica di misticismo su tutto il disco, più ancora delle divinità egizie di "Powerslave". Harris e soci con questo disco hanno stupito e diviso il pubblico. Non è stata nè la prima, nè l'ultima volta.
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