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IRON MAIDEN: Senjutsu

data

18/09/2021
SV


Genere: Heavy Metal
Etichetta: Parlophone
Distro:
Anno: 2021

E cosi siamo giunti al diciassettesimo album della band di maggior successo e più importante del genere. Non credo sia in discussione il fatto che gli Iron Maiden abbiano definito in questi quaranta anni dall'esordio discografico cosa è metal e cosa non lo è. Hanno sempre sventolato con fierezza due bandiere, quella del genere e la Union Jack, senza fanatismi, ma con coerenza e convinzione. Ora una premessa: essere gli Iron Maiden ed essere ogni volta all'altezza della propria fama è un'impresa improba. Questo è uno dei casi in cui non ci sono riusciti. Pur essendo sostanzialmente impossiblie che pubblichino qualcosa di propriamente brutto (la formula di Steve Harris, pur con le dovute variazioni, è troppo collaudata e i britannici sono professionisti troppo seri e artisti troppo dotati per fallire in modo capitale), 'Senjutsu' non convince. La scelta dei singoli lascia quantomai perplessi. "The Writing On The Wall" con il suo gusto southern soprattutto, ma anche "Stratego" sono tracce deboli anche in questo contesto. La seconda è almeno per caratteri dimostrativa di cosa aspettarsi da quest'ultimo album, un mid tempo che sa a momenti farsi un minimo incalzante, ma che nel complesso appare piuttosto moscio e privo di vitalità. Le partiture di chitarra appaiono più e più volte nel corso dell'album essere il fattore di maggiore interesse: i tre axemen si alternano, ognuno col proprio stile, e creano quel lieve cangiare che caratterizza il divenire della maggior parte dei lunghi brani. L'esordio con le percussioni marziali pareva promettente, ma anche in questo caso il chorus è debole. Pezzi come "Lost In A Lost World" e in particolare "The Time Machine" che si giova di melodie e ritmo un po' più coinvolgenti, vivono e prosperano del tipico chitarrismo maideniano, ma la scelta di lasciare praticamente che tutto l'album si sviluppi su mid tempo appare infelice. "Darkest Hour" è una ballad e in quanto tale si differenzia per lo meno dal resto, ma non è ugualmente fra le cose più felici della band. "The Parchment", quasi in chiusura è probabilemente il pezzo più riuscito che, con il suo leitmotiv dal gusto orientale e un poco minaccioso, ci regala una prestazione vocale da parte di Dickinson un po' diversa dal resto del lavoro e una accelerazione nel finale. La precedente "Death Of The Celts" con il suo gusto folk appare estranea alla produzione della band. L'album, come si diceva, non è da bocciare in senso stretto, ma non sarà fra le cose degli Iron Maiden a passare alla storia. Senza voler chiamare in causa i classici degli anni '80 perchè il gioco sarebbe fin troppo facile, quello che manca è la varietà, in particolare a livello di tempo e di ritmi. Tracce paragonabili a "Man On The Edge" "Be Quick Or Be Dead" o "The Mercenary" sono completamente assenti. La scelta di non proporre più brani brevi e di più facile impatto appare consapevole, ma anche considerato questo non si spiega e non giova affatto a mio avviso, confinare tutto l'album in un range mediano escludendo ogni altro tempo e ritmo. Anche brani più lunghi, sempre senza risalire all'epoca che li ha resi leggendari, come "Afraid To Shoot Strangers" "The Nomad" o "Dream Of Mirrors" avevano nel complesso sì un incedere più meditato, ma si giovavano in alcune parti di cambi di tempo ed accelerazioni che contribuivano a destare interesse. Gli Iron Maiden possono permettersi di pubblicare un album ogni lustro e di fare quello che vogliono dall'alto di una popolarità immensa che non accenna a declinare, per giunta mai macchiata da scelte sospettabili di voler compiacere il mercato discografico. È un privilegio che si sono guadagnati e di cui ora godono i frutti. L'enorme rispetto che ogni amante del genere ha nei loro confronti non cambia però ai miei occhi il dato di fatto che 'Senjutsu' è un album nel complesso dignitoso, e nella discografia di Harris e compagni probabilmente appena sufficiente. 

A cura di Edoardo Scaramuzzino - Voto 66

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Lo ammetto. Mi hanno stupito, e parecchio. Vecchi leoni maledetti...non che 'The Book Of Souls' mi avesse fatto ribrezzo, tutt'altro, ma comunque mi aspettavo il "solito" disco dei Maiden da 20 anni a questa parte, che non è affatto "brutto", ma neanche ti fa stampare quel "sorrisetto" in faccia tipico di chi sta ascoltando qualcosa di grande, bello e corrispondente. Mi aspettavo un buon disco, ecco. Non un GRAN BEL disco. E invece 'Senjutsu' cresce, cresce e cresce ad ogni ascolto, fino a lasciare un'ottima impressione con ogni singola traccia, e fa venire il desiderio di risentirlo di continuo, cosa che non accadeva da anni ed anni al sottoscritto (non sono certo il fan cieco che si esalta a prescindere, tutt'altro!). La title track e "Stratego" fanno partire l'album alla grande, Bruce è in forma smagliante, rincara la dose il "provocatorio" singolo "The Writing On The Wall" per poi passare ad un "uno-due" pazzesco come "Days Of Future Past" e "The Time Machine", e in men che non si dica si arriva alla fine della prima parte dell'album, che fila via liscia come l'olio, tanto che dopo tre passaggi si iniziano a "canticchiare" tutti i ritornelli con un gusto che non si avvertiva da un bel po' da queste parti! Il secondo disco è quello sulla carta più impegnativo (3 canzoni su 4 oltre i 10 minuti), ma alla fine necessita solo di qualche ascolto in più prima di riuscire a mostrare in toto il suo valore (ad eccezione della semiballad "Darkest Hour", immediata sin da subito), trainato da due splendide canzoni come "Death Of The Celts" e soprattutto "Hell On Earth" ("The Parchment" quella che mi ha colpito meno, ma è tutto tranne che un pezzo non riuscito!). Parliamoci chiaro, non aspettatevi nessun tipo di "rivoluzione": quelli che molti considerano difetti (ma per altri sono pregi) sono sempre li, ben visibili e "mostrati" con orgoglio: una produzione molto "live", che "non sembra" una produzione, brani lunghi (non certo una novità) e melodie riprese dalla Maiden-story (evidenti alcuni richiami a dischi come "The X-Factor", ad esempio). Tutto questo però non può essere usato dai detrattori come scusa per affermare che i Maiden ormai hanno completamento perso ogni barlume di ispirazione compositiva, perché il songwriting di 'Senjutsu' è lì a dimostrare il contrario. Non sono la band del 1982? Ovviamente. Non hanno più niente da dire? Falso! Anzi, in questo mondo frenetico, dove si può ottenere tutto e subito con un click, un mondo malato di "fast food" musicale, Harris e soci "piazzano" un disco da 80 e passa minuti che costringe ad un ascolto attento, dettagliato e ripetuto, per poter "entrare" nell'album e goderne appieno. Al netto dei sacrosanti gusti personali (tutto può non piacere, ci mancherebbe), è questo il vero valore aggiunto, oltre alle ottime canzoni presenti, del lavoro di questi maestri assoluti del metal: riportarci ad una dimensione VERA della musica, quando si comprava il disco, si "volava" a casa in bicicletta il più in fretta possibile, si strappava l'incarto con famelica avidità, si annusava il libretto, si leggevano i testi, e per settimane non si ascoltava altro che quello. Quindi, grazie, miei amati Maiden. Siete un pezzo del mio cuore, perchè ho iniziato con voi il mio percorso musicale con 'Powerslave', ma con 'Senjutsu' mi avete fatto ri-innamorare di voi e della vostra musica, dopo anni di rapporto un po' "tiepido". Per chi scrive, in modo totalmente inaspettato, uno dei dischi dell'anno!

A cura di Simone Lambiase - Voto 80

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