GREEN DOLLAR COLOUR: GREEN DOLLAR COLOUR
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13/02/2006Alcuni giorni fa, discutendo con un amico di vecchia data durante un piacevole incontro nel classico pub di paese, ad un certo punto è affiorata, tra i tanti punti intrapresi all'interno della chiaccherata, la sua lamentela relativa al grande numero di uscite di rock melodico degli ultimi tempi, che a suo dire aveva raggrinzito su sé stesso il mercato di un certo hard-rock vecchio stampo. "Oltre ai soliti grandi nomi, solo i Thunder sembrano resistere ancora", questa una delle sue affermazioni che mi ha lasciato un attimino perso nel mare delle mie riflessioni. Ad un certo punto, però, mi sono ricordato che tra le mie recensioni in attesa ancora latitava l'omonimo debut dei Green Dollar Colour, un cd che avevo ascoltato solo di sfuggita a causa del grande numero di promozionali arrivati negli ultimi tempi, ma che invece, neanche a dirlo, rappresenta quella boccata d'aria cercata disperatamente dal mio già accennato socio. La musica del combo australiano, infatti, trae le sue radici all'interno del sound rockeggiante e risoluto tipico di acts quali Ac/Dc, vecchi Aerosmith e l'Hagar solista degli inizi (di cui il singer Lex Koritni ricorda in parte anche il timbro vocale), perfettamente integrato da un ottimo lavoro di produzione che confeziona al meglio tutte le undici tracce presenti nel dischetto. Nessuna ombra di originalità all'orizzonte, come ovviamente era lecito attendersi, ma nel contempo tanta tanta succosa melodia rock 'n' roll, adagiata perfettamente nel consono pacchetto degli incalzanti mid-tempos, ed impreziosita qua e là dagli immancabili inserti blues. Non manca neppure qualche veloce escursione in territori di chiaro stampo eighties, altro elemento che tende a rendere ancora più piacevole e ruffiana la proposta ivi in esame, la quale farà senza dubbio la felicità dei tanti seguaci del rock con le chiappe quadrate, primo tra tutti quel mio socio di inizio recensione. A questo punto capirete che non servono altri consigli, perché l'audience di un cd di questo tipo non mancherà certo di dare il suo ben disposto ascolto agli undici brani in esso contenuti, mentre tutti gli altri se ne staranno sicuramente alla larga, abbandonando il campo da lì a breve e sbuffando con un classico e prevedibile "Minchia che palle, ancora sta' roba?". Eh sì, ancora questa roba, questa roba che però, alla fin fine, non sfigura veramente mai.
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