GRAVE DIGGER: BALLADS OF A HANGMAN
data
13/02/2009Sempre pesanti, sempre cupi, sempre aggressivi. Ventisei anni di carriera, ed ancora i Grave Digger riescono a proporsi su di un saturo mercato reclamando a spallate decise quel posto che spetta loro di diritto, ricordando a tutti che c'è chi questo genere ce l'ha scritto nel DNA. Un Heavy classico, dalle forti tinte teutoniche e dalle spiccate ispirazioni Power, diretto come un pugno ben piazzato (come un tempo avremmo riconosciuto tutti un buon disco): questo è il loro campo di gioco, e la classe dei veterani la vogliono mostrare. Siamo sempre, come ormai è tradizione, nel campo dei concept, anche se ormai i "nostri" preferiscono che il concetto non sia una storia, ma un'idea di fondo che permea l'intero disco: nasce così 'Ballads Of A Hangman', un disco oscuro che ruota con assillante determinazione attorno al tema della morte. Rispetto al solito abbiamo una grande novità, che sicuramente lascerà stupiti i "die hard fans" della combo: per la prima volta nella loro storia, si avvalgono di un secondo chitarrista. L'ex Running Wild Thilo Herrmann si integra alla perfezione col sound di Boltendhal e soci, fornendo una spinta in più ad una band che, se pur non ne necessitava, comunque ne può guadagnare. La tracklist rientra stilisticamente nella "nuova corrente" della band, con pezzi maturi e dagli arrangiamenti complessi; ciononostante si strizza qua e là anche un occhio al passato, andando a recuperare quello che è stato il primo e più crudo stile compositivo del gruppo, con in più qualche breve concessione ad ibridazioni col sound di altri grandi blasonati (leggasi: una punta di Accept qua e là non fa mai male). Strano lo stacco netto della Power Ballad 'Lonely The Innocent Dies', con ospite nel duetto vocale Veronica Freeman dei Benedictum (ma quanto lavora quest'anno?), ed altrettanto particolare la chiusura con la cover (bonus track) 'Jailbreak' dei Thin Lizzy; cionondimeno, l'effetto complessivo è quello di un album puramente Metal, come si usava un tempo. In crescita anche questa volta, quindi; anzi, forse questo è un disco che anche i non amanti dei "nostri" potrebbero apprezzare.
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