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ELECTRIC WIZARD: COME MY FANATICS

data

08/12/2007
100


Genere: Doom
Etichetta: Rise Above
Anno: 1996

Sei in una palude. Non stai ascoltando musica, e quella che senti non è solo una sensazione di torpore e desolazione totale, è solo uno dei tanti fenomeni carsici. Non ci sono altri modi per spiegare un’opera allucinata e visionaria come il capolavoro degli Electric Wizard, 'Come My Fanatics…', a parte il calarsi nell’allucinazione, scoprirne le tremende ambientazioni, lasciarsi trasportare nel pantano ("pantano" è probabilmente l’unica vera e sintetica definizione del sound del disco), vedere le acque nere spurgare nelle risorgive, raccogliere i detriti mescolati nel fango tra i rigagnoli interrati, dove l’acqua divora e rigurgita la terra, dove è duro camminare, perché il pantano non si muove, scorre lentamente e raccoglie tutto, spostamenti impercettibili, come quelli all’interno delle sei lunghe tracce del disco, che ti bloccano le gambe, ti ricoprono di melma, immobilizzano, avvelenano, perché nelle zone paludose c’è sempre malaria, e la malaria uccide. "Return Trip" è un difficoltoso barcamenarsi in un ambiente difficile per gli esseri umani, un incubo che si trasforma nel peggiore dei trip, quello che ti prende male e che può condurti alla morte. Chitarroni che, come l’acqua nelle terre carsiche, lentamente erodono la terra, poi l’acqua diventa sempre più putrida e acida, e si disperde in forme diverse, sempre più liquide, sempre più torbide, sempre più velenose, che ti penetrano e ti intossicano. Tutto lascia trasparire un senso di malsano, di nichilismo, come se stessimo ascoltando i primi Swans decontestualizzati musicalmente, contagiati dagli Hawkwind, e più che dal metallo pesante, dal rumore sordo e insensato della metropoli moderna, nonché dalla paura e dal terrore della morte violenta del crogiolo culturale e criminale post industriale, come quel rimbombo costante in "Doom-Mantia" che ricorda macchinari rotti o motoseghe impazzite, martelli pneumatici, tutti uniti in una sinfonia vomitevole (e naturalmente è un complimento). Fin ora non ho parlato ne del genere, nè dei singoli musicisti. La cosa è assolutamente voluta, non c'è da riferirsi ad altri gruppi Doom, perchè sono gli Electric Wizard che reinventano il doom; non c'è da nominare singoli musicisti, la musica è un liquame indistinto, nessuno vuole emergere, tutti sono come incappucciati e relegati nell'anonimato, come dei boia, e le corde degli strumenti suonano più che altro come cavi dell'alta tensione. Virtuosismi celati nell’ostentata apparenza fricchettona, una pesantezza inaudita, un suono che rappresenta la massima distorsione e disumanizzazione che nella lentezza doom si è mai potuta realizzare, unendo a questo anche la capacità di trasporto della ciondolante e allo stesso tempo mastodontica e informe proposta di una musica orientata al viaggio psichedelico (il più psichedelico di tutta la carriera degli Electric Wizard), fatto di lente e possenti ventate di metallo squagliato nell’acido e immerso nelle lande oscure, bagnate in un basso calcareo, come in "Son Of Nothing" (dove emerge in un vibrare continuo e fastidioso all’interno della indistricabile e incandescente massa elettrica) o come l’ossessione sottile che avanza in "Solarian 13" e poi diventa maniacale, appiccicosa, invasiva, prima con sembianze apparentemente melodiche, poi con un corpo violentissimo, fino a disperdersi in rivoli pseudo atmosferici (una atmosfera sempre catacombale) che hanno fatto scuola in tutta la scena doom e oltre; come cemento a presa rapida, prima morbidissimo, nel quale è facile entrare e perdere l’orientamento, ma dal quale è impossibile uscire vivi. La batteria è come se non ci fosse, è fagocitata nell’elettricità. La voce? È solo un insieme di vaneggiamenti che escono a stento dall’inferno che ingoia tutto. Tutto si gioca sulle corde, queste cattivissime e devastanti corde tra le più rappresentative, importanti e seminali di tutto il doom anni 90, specialmente per tutto quel filone che più che sulla epicità e sul classicismo, è orientato alla stimolazione di sensazioni al limite della nausea, l'immersione nel viaggio cosmico, come nella bordata krauteggiante intitolata "Ivixor B 7 Phase Inducer"; tra l’altro furono i maestri Black Sabbath a inserire un piccolo esperimento kraut nel loro quarto volume; ma qua non sono i Black Sabbath i punti di riferimento, se non mediatamente, attraverso una estremizzazione della loro proposta, praticamente sotto tutti gli aspetti, come proposto dagli Earth, ma in modo meno freddo, più coinvolgente, sempre grezzo, ma non alieno, non un corpo estraneo alla terra, come lo erano quelle vibrazioni non identificate derivate dall’estrazione extra capsulare, ma un intimo e viscido sgorgare di acque nere partorite proprio dalla Terra. Mai la musica è stata allo stesso tempo tanto maligna e "terrena", tanto concreta e attuale.

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