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DRAGONSFIRE: VISIONS OF FIRE

data

30/12/2008
80


Genere: Epic
Etichetta: Pure Steel Records
Anno: 2008

Avete presente le tribute bands? Quei gruppi che nelle recensioni vengono consigliati ai fans di questo o quello, che pur variando quel minimo nella formula di un gruppo già affermato, per evitare l’accusa di plagio, ne prendono pari pari lo stile ed il songwriting per creare un sound molto simile a quello della band di riferimento? Il metal è pieno di questi casi; solamente nel death e nel black se ne contano decine e decine, e numerosi sono anche i casi riferibili a Metallica ed Iron Maiden. Certo, si dice che l’originalità vada premiata, ma noi (io e voi che state leggendo questa recensione) siamo defenders, no? E noi defenders siamo tradizionalisti; ok, ci piace innanzitutto la buona musica, ma vogliamo anche andare sul sicuro quando si parla di power o di epic… quindi ben vengano ottime bands come i Guardians Of Time, gli Stormwarrior o i Chinchilla, tranquillamente da considerarsi tribute bands rispettivamente di Hammerfall, vecchi Helloween ed Edguy. Ora, perché questa premessa? Ovvio, perché di una tribute band stiamo parlando, anzi, di una tribute band di terza generazione: il sound dei Dragonsfire è quasi del tutto identico a quello dei vecchi e cari Majesty, a loro volta piccola variazione a tema della lezione dei maestri Manowar, e sapete una cosa? Come i Majesty e come i Manowar, i Dragonsfire spaccano che è un piacere! Non inganni il sound che esce dalle prime tre tracce di quest’album, perché il power metal duro e puro si esaurisce con queste, per lasciare spazio ad un epic di Manowar-style davvero grandioso! Songwriting bello ed azzeccato, potente, ricco di momenti anthemici ed a stopn’go, tecnica ottima, una prestazione strumentale senza punti deboli e la grandiosa scoperta di un singer come Thassilo Herbert, decisamente atipico ma intenso e potente, il tutto supportato a meraviglia da una produzione ottimale, per un album, questo ‘Visions Of Fire’, che troverà decisamente consensi nei defenders più tradizionalisti. Quando si parla di dischi come questo, fanculo l’innovazione! Hail!

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