ROSS THE BOSS: NEW METAL LEADER
data
19/08/2008Atteso ed auspicato da tempo immemore da tutti i true defenders, ecco finalmente a noi oggi il ritorno sul mercato discografico di Ross The Boss, cioè di colui che in coppia con Mr. Joey DeMayo fondò e guidò per otto anni e sei albums una delle bands più popolari ed amate (o odiate, senza mezzi termini) di tutto l’universo metallico: i Manowar. E Ross questo ritorno, spronato dall’amico Tarek Maghary, leader dei fichissimi Majesty ed organizzatore del Keep It True festival, nonché produttore dell’album, lo fa in pompa magna, con una band che porta il suo nome, con un artwork che ricorda il suo passato più significativo (l’aquila ed il martello), ma soprattutto con un album, con un titolo che parla chiaro, che suona Manowar al 100% e che potrebbe benissimo giocarsela con uno qualunque degli albums che i Manowar hanno realizzato dopo la sua dipartita (tranne l’ultimo perché è un disco dei Rhapsody, lo sanno tutti:P). Dieci le canzoni (più un breve intro) contenute in ‘New Metal Leader’, partendo dall’opener "Blood Of Knives", tirato up-tempo dal catchy chorus, seguita a ruota dall’arioso e quadrato mid "I Got The Right" e dalla cavalcata epic "Death & Glory"; "Plague Of Lies" richiama a sorpresa i vecchi Judas, prima che "God Of Dying" stupisca, partendo come delicata ballad per poi svelarsi un potente e tirato up-tempo. Tamarrissima e leggera, "May The Gods Be With You" ricorda molto le canzoncine scioccherelle e catchy dei vecchi Manowar, come "Kill With Power", "Fighting The World" o "Carry On", prima che la panterizzante e cadenzata (e non troppo bella) "Constantine Sword" si riveli come la mosca bianca all’interno di un album altrimenti lineare ed abbastanza coerente. Prima della chiusura c’è il tempo pr una coppia di songs dirette e potenti, "We Will Kill" e "Matador"; finale all’insegna della solenne ed evocativa "Immortal Son". A livello strumentale ci siamo decisamente, ma non apprezzo per nulla la voce del singer PatricK Fuchs, una specie di versione ancora più afona di Tarek Maghary (già che c’era, a questo punto poteva cantare lui); buona infine la produzione. Un bell’album che suona più Manowar degli ultimi lavori dei Manowar veri, con un solo difetto: un cantante non all’altezza.
Commenti