DEAD SOUL TRIBE: THE DEAD WORD
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15/11/2005L'evoluzione artistica di Graves sta portando la sua creatura verso lidi sempre più alternative, pur lasciando inalterato il cosiddetto marchio di fabbrica. Con "The Dead Word" Devon mette a nudo uno strato di frustrazione e disperazione che musica senza mai lasciarsi prendere dal claustrofobismo sonoro puntando, di tanto in tanto, verso sprazzi di luce che seppur pregni di ostentato disagio esistenziale allargano la veduta complessiva e visionaria dell'atmosfera creata. Atmosfera poche volte rarefatta e percossa in maniera perpetua da una ritmica iperattiva che ha un non so che di tribale, di mistico(grande il lavoro svolto da Moustafa dietro le pelli), e che sostiene composizioni sempre più prossime a realtà come Tool in prima istanza, ai Fates Warning in seconda. Un disco articolato ma che vanta poche progressioni, tutte dissertazioni strumentali destinate alla causa e non all'effetto condotte da una chitarra spesso distorta e dal suono malato. Un disco da ascoltare più volte, insomma, che non prende all'istante ma che potrebbe anche suonare sia nefasto, sia virtuoso alle orecchie dell'ascoltatore. Per quanto sia inutile etichettare, parlare di heavy metal, di prog-metal o quant'altro come in altre occasioni conta davvero poco: qui è tutto basato sulle sensazioni e sul senso intrinseco che il lavoro riesce a trasmettere. E per quanto gli arrangiamenti siano in abbondanza ed il tempo trascorso in sede di produzione sia stato tanto, e per quanto le fisime scorrerano a fiumi tra adulatori e detrattori, la motivazione principale che concorrerà a darne una valutazione finale sarà un semplice mi fa godere, o mi fa cagare. Ma prima di farlo ascoltatelo fino in fondo con la giusta predisposizione, senza pregiudizi. Con consapevolezza, la chiave del(quasi) tutto.
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