CRASHDIET: Automaton

Ricordo con grande affetto il validissimo 'Rest In Sleaze' del 2005, primo disco della band che assieme a Hardcore Superstar e Backyard Babies ha riportato in auge l'hard rock più luccicante, stradaiolo e tagliente nel nuovo milennio. Il suicidio del carismatico cantante/chitarrista Dave Lepard nel 2006 aveva frenato l'ascesa della band, che tra vari cambi di frontman, abusi e saliscendi di ispirazione non aveva più raggiunto, a parere di chi scrive, i medesimi livelli del sopracitato lavoro. Almeno fino ad oggi. Si, perché il secondo disco dall'entrata dell'eccezionale Gabriel Keyes dietro al microfono (e il sesto in generale) è semplicemente una maledettissima bomba, più curato e di gran lunga superiore al precedente 'Rust'. Brani freschi che arrivano subito al cuore, ma crescono comunque in modo impressionante ad ogni ulteriore passaggio, fieramente anthemici, rabbiosi, ma costantemente melodici e dotati di ritornelli infettivi (ne avessero sbagliato uno!), senza parlare di un comparto strumentale che niente lascia al caso, ma al contempo non puzza mai di eccessivamente "costruito" ne tantomeno di già sentito. La tripletta iniziale esalta, cosi come "We Die Hard", "Powerline" o le splendide semi-ballad "Darker Minds" e "I Can't Move On (Without You)", mettendo già in chiaro con che razza di disco avremo a che fare, e non serve veramente "raccontarvi" qualche canzone perché sono tutte vincenti, si tratta solo di scegliere le migliori in base ai propri gusti personali, perché qui ovunque "si cade", si cade in piedi. Se amate il genere, dovete veramente correre ad acquistare (o almeno sentire) questo album perché non ne rimarrete delusi, e già che ci siete correte anche a vedere questa band dal vivo, facendovi una bella birra alla salute di tutti quei vecchi tromboni che dicono che al giorno d'oggi non escono più dischi validi.