CIRCENSES: Tightrope Walk on the Ground
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11/07/2018Trovarci di fronte ad una one man band in grado di proporre ad un livello più che discreto il proprio progressive death metal, non è cosa da tutti i giorni. Questo è proprio il caso invece di Severi Osala, in arte Circenses, con il primogenito in studio “Tightrope Walk on the Ground”. C’è molta atmosfera tra le note di un disco ricco di sfumature, strutture imprevedibili in cui il genere della morte graffia, ma senza sfociare nel “fine a se stesso”. Nessuna iperbole attitudinale, niente che sfumi nel virtuosismo, anche se una certa dose di tecnica e “strafottenza” aleggia comunque. Parliamo di Fear Factory, Soilwork e Killswitch Engage, con una malinconia di fondo nelle tastiere. Non manca il savoir faire e la classe del progressive, accento che via via si materializza alzando l’asticella del full-length. Non è trascurabile l’aspetto della personalità, come mutino i brani dal punto di vista del songwrting, senza dare riferimenti. Chiaro che taluni suoni si rifacciano al filone di appartenenza, ma è altrettanto lipido come quasi sempre i brani prendano una direzione inattessa, disattendendo anche i più critici e pignoli. C’è molto anni novanta nell’album, ma non solo, convergendo le forze in un flusso multicolore. Siamo così scaraventati in un impulso che viaggia tra tecnologici riflessi, arcobaleno di tinte che ruota su se stesso con e intorno a noi. Riverberi del prog passato riemergono in attimi di pausa, ripartenze poi spingono sull’acceleratore e ci scaraventano in un death metal cibernetico e distruttivo. Ci stupisce l’intreccio delle tastiere, le armonie via via sapientemente intessute e rilasciate in una vera e propria esplosione in note. L’aspetto industrial delle chitarre si sposa perfettamente con il retrogusto tecnologico del progetto, una natura che vive con una modernità mai invadente. Nessuno degli aspetti ed attitudini ivi citati si soffocano vicendevolmente, alternandosi in un variopinto quadro dalla tensione invidiabile e di eccelsa fattura. Auspichiamo questo sia solo il primo di una lunga serie di album per un artista certamente interessante e per il quale intravediamo un futuro roseo, se non altro perché in grado di incidere senza allinearsi per forza a qualcosa.
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