SADIST: Spellbound
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02/12/2018Da sempre immensamente sottovalutati in favore di gruppi a loro palesemente inferiori, i genovesi Sadist ci presentano il nuovo disco e mettiamolo subito in chiaro, è di gran lunga superiore a ‘Hyaena’ e ‘Seasons in Silence’. Ritornati in scena dal 2007, ci hanno fatto vedere bagliori di grandezza, ma solo a sprazzi. Probabilmente non saranno mai all’altezza dell’immenso ‘Tribe’, album che a mio modo di vedere, ingiustamente quasi rinnegano (dal vivo suonano la sola “Tribe” e nessun altro pezzo), ma questo lavoro, per qualità, ci va davvero vicino. La voce di Trevor, grintosa ed al vetriolo come non mai, aggiunge tanta rozzezza all’album. Oserei dire che è la sua prestazione migliore, quella che aspettavamo sin da ‘Crust’: più marcio, letale e gutturale di sempre, ben si presta alle atmosfere filo horror di “The Birds” o “Bloody Bates”. Mi fa pensare a un King Diamond più satanico, ideato da Lucio Fulci. Anche la tematica dell’album, dedicata palesemente ad Alfred Hitchcock, è perfettamente azzeccata. Il resto della band è in forma smagliante, come sempre, innegabilmente, e la cattiveria di Trevor si manifesta anche su di loro. Il suono della chitarra a 7 corde di Tommy Talamanca, immensamente pesante e distorta, fa da contraltare alle tastiere dolci ed eteree. “Notorious” fa il verso ai Sadist di inizio carriera, ci torna alla mente “From Bellatrix to Betelgeuse” da ‘Tribe’, quel suono così originale che ci ha fatto innamorare di loro tanti anni orsono. Leggermente meno tecnici del solito, ma più minacciosi e decisi a darvi un saggio delle loro menti contorte. non ci credete? Ascoltate “I Am The Man Who Knew Too Much” e vi ricrederete. Che questa line-up abbia trovato il suo sound una volta per tutte? Decisamente si. Grande album e sicuramente uno dei migliori dell’anno! Bentornati!
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