CHIMAIRA: RESURRECTION
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07/03/2007I Chimaira sotto Nuclear Blast? Ebbene si, tornano Hunter e compagni sotto l’egida tedesca (si tratta invece della sempre più potente Ferret per il mercato statunitense) dopo un clamoroso divorzio da Roadrunner, il ritorno all’ovile del mai dimenticato drummer Andols Herrick ed una crisi interna che ha rischiato la disintegrazione della band. Insomma, un titolo come “Resurrection” è senza dubbio il più adatto. E musicalmente? Musicalmente più che di ‘resurrection’ parlerei di ‘evolution’. Un’altra, ancora un’evoluzione del sound già mastodontico dell’album omonimo precedente; eh si perché i Chimaira hanno preso il macigno che avevano per le mani e lo hanno alleggerito, lasciando intatto il potenziale esplosivo dell’ordigno ivi installato. “Resurrection” è per dirla in soldoni l’ideale controparte snellita di “Chimaira” (e non a caso l’unico difetto che appesantiva il platter del 2005 era l’eccessiva prolissità di alcuni brani); certo abbiamo “Six”, lunga dieci minuti e vera sinfonia metallica, ma per il resto le frustate sono brevi e concise, e fanno male. Molto male. La title track, “Pleasure In Pain”, “The Flame”, la doppietta conclusiva da infarto “Needle”/”Empire” sono (e mi tocca ripetere quello che già dissi un anno e mezzo fa) ciò che il metal dovrebbe essere nel ventunesimo secolo suonato da gente che ha ben presente la lezione dei maestri degli anni ’80 ma che non ha nessuna intenzione di riciclare schemi e attitudini ormai scadute da tempo. Ascoltate “Killing The Beast” e cagatevi addosso. Resurrezione ? Beh, circa. Anzi, molto di più.
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