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AMARANTHE: Massive Addictive

data

10/11/2014
50


Genere: Modern Metal
Etichetta: Spinefarm Records
Distro: Universal
Anno: 2014

Sfruttando l'onda del successo commerciale del precedente 'Nexux' gli Amarante decidono di sfornare circa un anno e mezzo dopo quello che dovrebbe esserne il degno successore, ovvero questo ‘Massive Addictive’, pontificato da un comunicato stampa che fa uso di paroloni ad effetto tipo 'cori celestiali', 'suono larger than life' e via discorrendo. Chiaramente l'impasto tra metalcore, pop ed electronic dance continua ad essere la base del sound del combo scandinavo ma in questa occasione la componente sintetica viene decisamente sovrappesata rispetto al passato dando corpo a tracce come "Drop Dead Cynical” (sfacciatamente simile a una certa 'Beautiful People'), "Trinity", "Digital World" dove incombe la presenza dei Rammstein per quei chitarroni devoti all'industrial in aggiunta ad una pantagruelica razione di campionamenti e tastiere, a qualcuno verrebbe voglia di fare quattro salti in discoteca, ci troviamo a Gothenborg o a Milano Marittima? Una mossa di certo azzardata che rischia di attirare il disprezzo della parte dei fans che li avevano osannati nel disco di esordio per quel melodic death dalle sfumature sinfoniche certo non originale ma impeccabile nella realizzazione, per puntare il mirino sempre più verso la massa indistinta del pubblico. Il resto del materiale non primeggia per brillantezza, troppo iperprodotto, troppo studiato, quasi a voler rappresentare un alternativa agli americani Evanescence come se la brava (ma a volte un pochettino stucchevole) Elize Ryd volesse rubare il posto ad Amy Lee con in più due male-vocals, il nuovo arrivato Henrik Englund Wilhelmsson al posto di Andreas Solveström per le parti aggressive e il solito Jake E. per quelle pulite, ma risultando il sound già di per se fiaccato dall'indigestione di elementi tecnologici il ricorso ai tre vocalist risulta ancor più controproducente pur senza imputare loro particolari mancanze, forse l'idea era solo quella di mascherare le lacune di un songwriting scontato e traballante.

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