Alain Groetzinger: IL SOGNO DI METALLO
No, non storcete il naso, su Hardsounds si parla di heavy metal, hard rock e rock, quindi ci deve essere lo spazio per la band che ha inventato lo space rock, sì, perchè i francesi argentati avevano una forte anima rock che si dimostrava dal vivo. Lo storico batterista Alain "Grotzo" Groetzinger ci racconta quei mitici anni in cui i Rockets hanno rivoltato il mondo della musica rock in maniera definitva!
Per chi è cresciuto nel periodo tra gli anni settanta e gli anni ottanta, questo libro può realmente rappresentare un tuffo al cuore,tra il 1975 e il 1983 i Rockets hanno segnato la vita di molti ragazzi che si stavano formando sia dal punto di vista fisico che musicale, ora grazie al batterista storico della band transalpina Alain Groetzinger, si torna a parlare di quanto siano stati importanti gli anni dal 1975 al 1983 - anche se si sconfina brevemente più avanti - durante i quali cinque ragazzi hanno inventato un genere dal nulla, grazie anche e soprattutto alla tutela del produttore Claude Lemoine, inventandosi anche un'immagine caratteristica ed unica.
Alain inizia questo suo "viaggio" avvertendo i lettori che tutto quello che è scritto nel libro non è la biografia dei Rockets, ma solo la sua esperienza personale e che non parla a nome degli altri componenti della band, ma che il testo gli appartiene completamente, così inizia a raccontarsi dai suoi esordi, quando dodicenne improvvisava un'improbabile batteria costituita da bidoni dell'olio, vassoi metallici, scatole di latta ed una lisciviatrice (!), passando per le prime esibizioni alle feste di ballo con il suo primo gruppo, i Chaps, da qui la necessità di prendere lezioni da Dante Agostini e la consapevolezza di aver trovato la sua via grazie a delle doti tecniche che, pian piano si affinano sempre più. Così lascia i Chaps per entrare in contatto grazie al tastierista Jean-Louis Delanoux con i Crystal, una rock band sconosciuta dove il cantante è Christian Le Bartz, il bassista è Gerard L'Her - soprannominato Little - e i chitarristi sono i fratelli Alain e Guy Maratrat, in concomitanza con l'abbandono del batterista Patrick Mallet, Alain entra nei Crystal nello stesso momento in cui il sopracitato Claude Lemoine propone ai ragazzi il progetto Rockets, quindi crani rasati, pittura argentata e la prima canzone, "Rocket Man"; è il 1974 e la navicella sta per decollare.
Alain da poi largo spazio al periodo iniziale in cui i ragazzi iniziano a provare nella loro casa di Vincelles, le rinunce per credere nel progetto e le prime avvisaglie del suono tecnologico che li accompagnerà, il talk box inserito nella loro prima hit "Future Woman" e l'uso del magnetofono Revox, quindi dà ancora più largo spazio ai primi concerti con le prime trovate tecnolgico/visuali e a diverse storie successe in quei primi, pionieristici gigs. Quindi l'album verde, ossia 'Rockets', il debutto su lunga distanza che comprende ancora pezzi di altri artisti, ma che comincia a far intravedere ciò che i Rockets sperimenteranno con successo più avanti, le prime tute "spaziali" disegnate da Alain Maratrat, i primi fan a cui risponde lo stesso "Grotzo" e l'incontro fondamentale con Maurizio Cannici che li farà conoscere in Italia, dove di lì a poco diventeranno popolarissimi e proprio in quell'anno, il 1977, arriva il tastierista Fabrice Quagliotti, colui che caratterizzerà il sound della formazione "Classica", da quel momento, racconta Grotzo: "...è sul terreno della fantasia, dell'immaginazione, dell'invenzione e del sogno che quest'avventura ci interessa maggiormente. E' lo straordinario privilegio di potersi consacrare totalmente alla creazione di un mondo di sonorità fantastiche e di visioni tra le più folli, senza costrizioni, nè pressioni", parole totalmente condivisibili e che tuttora dovrebbero scuotere gli animi di molti musicisti"castrati" dal punto di vista compositivo.
'Così nasce 'On The Road Again', aperto ancora da una cover ossia l'omonimo pezzo dei Canned Heat riarrangiato alla loro maniera, ma poi costituito da pezzi come "Space Rock" - il loro primo contatto con la disco in cui Alain confessa di aver fatto molta fatica a tenere il ritmo, tanto era semplice... - , la stupenda strumentale "Venus Rapsody" e la sua "Electro-Voice", l'album li rende molto popolari in Italia, così ecco il concerto al Teatro Lirico di Milano e l'inizio dell'uso del laser, ma la cosa che Alain descrive ovviamente con più passione è il suo assolo! Dopo la descrizione del concerto al Palalido di Milano del 1978 interrotto dagli autonomi, arriva 'Plasteroid' e la definitiva consacrazione, Alain lo descrive con un'album dallo spirito più rock, in cui si ritrova completamente, grazie soprattutto a pezzi come "Electric Delight" e "Astral World", da questo periodo Alain estrapola molte storielle da tour e la nascita di trovate sceniche quali il bazooka e i cubi di ghiaccio. Segnaliamo che tra la pag.96 e la 97, ci sono ben 15 pagine di foto a colori che percorrono tutto il periodo trattato. Quindi si parla brevemente dell'album 'Live' e della paura di non eseguire i pezzi in maniera perfetta, ma si passa subito all'apice compositivo e di vendite, siamo nel 1980 ed esce 'Galaxy', Alain si cimenta con la drum box ed unisce la batteria acustica a quella elettronica e nascono molti dei pezzi di questo storico album, definito dallo stesso drummer "l'album del piacere", parte quindi la tournèe, risultata trionfale con l'avvento delle grandi cupole bianche e del casco laser.
Di questo periodo è l'incontro con Iggy Pop che si conferma personaggio quantomeno "particolare"! Dopodichè "Grotzo" apre la quarta parte del libro con l'emblematico titolo "This is the end", in questo periodo si comincia ad insinuare tra i ragazzi la paura di non restare al passo coi tempi - strano per una band da sempre "avanti" - e la consapevolezza che gli anni 80 stanno portando uno scenario meno "easy" rispetto alla decade precedente, così i pezzi proposti per il nuovo album intitolato 'π 3,14' vengono in gran parte scartati dalla CGD, insinuando soprattutto nel batterista quella sorta di disincanto che lo porterà dopo qualche anno all'abbandono. L'album viene portato a termine grazie al contributo di Jean Pierre Massiera e con l'aiuto di trovate sceniche quali i costumi da chirurgo e la voce femminile di Chantal Ricci - tutte e due derivano dal video di "Ideomatic" - ma dopo poche date verranno abbandonate e ci sarà il ritorno alle vecchie tute, in fretta si arriva ad 'Atomic' dove Alain si cimenta con le batterie elettroniche Simmons e con il quale sembra che la coltre di nubi dell'album precedente venga spazzata via e che i ragazzi riprendano il controllo, ma come dice lo stesso "Grotzo": "per quanto tempo ancora?".
Difatti non c'è alcuna citazione della tournèe a supporto di 'Atomic', ma il lento trascinarsi del drummer verso l'album seguente, il primo senza Christian LeBartz che per primo capisce che la navicella sta per finire il suo viaggio, 'Imperception', del quale si parla poco ed in maniera triste. Infine la chiusura è affidata alle struggenti parole di Alain che parla di questa "storia dei Rockets" come un'amore finito, ma mai dimenticato, che pian piano riaffiora durante la stesura del libro e di come viva adesso tra i ricordi rappresentati dai dischi di platino e d'oro, unici ricordi tangibili di quei momenti e la sua condizione modesta. Il libro si chiude con tutta la discografia di Alain con i Rockets, la sua solista e con ben dieci pagine di "ricordi e ringraziamenti" con citazioni per le due cover band, la "Space Rock Band" e la "Universal Band", che assieme ai curatori del sito www.lesrockets.com hanno dato lo spunto per tradurre in italiano il libro, originariamente intitolato 'Rève du metal'. Un'ultimo commento da parte di chi scrive: questo libro dovrebbe insegnare a molti artisti come rimanere tali, senza stravolgersi, cercando sempre l'onestà verso il pubblico a costo, come ha fatto il buon "Grotzo", di lasciare quasi tutto, la musica ne trarrebbe molto giovamento...
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