THE CARDS: Il profumo del blues
Che profumo ha il blues? Per me un odore trasversale. E’ una miscela che può evaporare attraverso lo spazio ed il tempo, ma inaspettatamente si può rimaterializzare. Dopo aver ascoltato questo album uscito nel 2019, prodotto da un’etichetta inesistente (Kova Records) e mai divulgato, ho elaborato questo pensiero. ‘The Cards’, omonimo delle tre carte. The Jack, voce, basso, tastiere in Harrison Young (Doro, U.D.O.). The Joker, batteria in Koen Herfst (Vandenberg) e The King, chitarra in Paul Quinn (Saxon). Potente trio dalle note blues (note di testa). Sono le prime ad essere percepite, ma sono le stesse che potrebbero evaporare subito! Ma io, quasi in concomitanza, ho percepito le note di cuore, quelle che rappresentano lo sviluppo della fragranza, e che identificano il loro marchio, ovvero la loro dote principale: essere trasversali, riuscire ad elaborare il passato blues con la propria chimica. L’ascolto ha evocato in me le note di fondo, ovvero le essenze basiche, quelle sulle quali è costruito tutto il progetto, rievocando ricordi lontani. Mi riferisco all’accademia musicale creata dal polistrumentista John Mayall & The Bluesbreakers, che ha formato una generazione di chitarristi rock-blues. Eric Clapton, Mick Taylor, Walter Trout, Peter Green, Coco Montoya, Buddy Whittington, sono tutti stati iscritti a quella scuola, prima di intraprendere la carriera solista. Ma ora provo a descrivere la fragranza The Cards. “No Soul” è convivenza perfetta (accordo) tra il joker (drummer) ed il fante (bass player). C’è profumo di Gary Moore nell’evolversi del ritornello. Il groove del basso sembra amplificato dalla distorsione della sei corde, che da anima sporca si purifica nel monologo di Paul Quinn (l’ingrediente aggiunto Saxon), liberando in aria quell'aroma di blues! I rallentamenti e le progressioni, tipiche del genere, in “Bandit On The Run” (che di prassi possono annoiare, come un bouquet di fiori, con alcuna nota predominante), trovano nuova linfa creativa nella sua stessa scala blues, con arpeggi modulati che lo rinfrescano dalla sua pesantezza. Poi arriva la bellezza rara con “Rock & Roll Rocketship”, il punto forte delle tre carte, quello che persiste al naso, ovvero la loro attitudine a sfumare il genere, con note soft, dal morbido treno sonoro di parole. Odore di Zakk Wilde: binari paralleli tra ritornello e coro ('Book Of Shadows', 1996); provare per credere! Il fluido country delle sei corde di “The Process” scorre tra armonie vocali southern, fischiettio, e quel suono percussivo dal tono straordinario che Koen Herfst riesce a creare dall’effetto cajon. In “Pitfalls” le discipline musicali si intersecano: tromba, giochi di tempo e chitarrismi da Walter Trout prima fase (John Mayall’s Bluesbreakers) in un heavy jazz. (Mayall live era tutto questo e qui il polistrumentista è Harrison Young). È ora di tamponare i polsi, e sperare che il profumo delle tre carte duri il più possibile. Anche in “Ride The Freight Train” non passa inosservato l’esordio trio power speziato: alterna lievi distorsioni a suoni sterili e la voce di Harrison collima con la linea arpeggiata. Come un varco tra il ieri ed l’oggi, in “Sweet Lowdown Dirty Love”, il fruscio di un vinile consumato e/o lo scoppiettio di un vecchio corto in bianco e nero misto ad una lontana armonica (che non poteva mancare), preparano la strada ad un groove da salto! Tiro heavy in “Agent Orange” (dal titolo hardcore-punk west coast). Un ritornello Beatles ossigena il sentore country in “Long Way To Go”. Il violino, ma soprattutto il solo di chitarra di “For You” mi dice “lascia la porta aperta. Tanto lui torna” (il blues).
‘The Cards’ lo consiglio a chi ha il blues sottopelle, a chi sniffa la musicalità delle cose, ed è sempre alla ricerca di cacciagione. Ma ritorniamo al potere degli odori a chi c’era su quella nave scuola, e che ha potuto trasformare il suo ieri in un mezzo di comunicazione del proprio io. Come Walter Trout, che vorrei ricordare per il suo trio delle meraviglie floreali: ‘Transition’ (1992), ‘Tellin’ Stories’ (1994) e ‘Breaking The Rules’ (1995); in questa degustazione olfattiva le essenze sono talmente bilanciate chimicamente che distraggono e rapiscono, perché troppo entusiasmanti e trascinanti. Il blues incrociato con composizioni melodiche grintose e dal carattere inconfondibile sono il punto di forza. Suoni anni ’90. Atmosfere adatte addirittura a Joe Lynn Turner e non solo. E’ il blues trasversale.
P 2019 Kova Records
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