VIRGIN STEELE: AGE OF CONSENT
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10/04/2005Strano disco questo "Age Of Consent", un po' come tutti i dischi di passaggio delle grandi carriere. Come in una fase d'assestamento, in questo disco David recupera l'amore per l'hard rock più easy listening che sarebbe poi esploso nel successivo "Life Among The Ruins", ma che qui è ancora accoppiato a un romantico epic metal di diretta discendenza Noble Savage. C'è inoltre da dire che la versione CD attualmente in commercio è completamente riveduta e corretta da DeFeis in persona: la tracklist è stata cambiata secondo le esigenze più raffinate dei Virgin Steele annata '97, quelli che di lì a poco avrebbero composto "Invictus", e questo intervento a posteriori rende il disco una sorta di continuum tra varie anime dei Virgin Steele, anche se un certo concept di fondo è ben visibile. Come già detto, DeFeis qui ha vistosamente smorzato gli accesi toni di Noble Savage, concentrandosi maggiormente su ballads, rock hit quasi da classifica e atmosferici assoli di tastiera frutto della sua crescente abilità: nonostante ciò, Ed Pursino è sugli scudi come sempre con una serie di assoli a 18 carati come ci si aspetta, e le chitarre pur essendo meno sugli scudi che su "Noble Savage" svolgono egregiamente il loro lavoro con una maggiore attenzione alle rifiniture melodiche che caratterizzerà il futuro VS-sound. Nel disco, come già detto, convivono varie anime: e l'apertura affidata all'inno "The Burning Of Rome" (indubbiamente uno dei capolavori dei Virgin Steele) mette subito in mostra quella più classica e marchiata a fuoco dall'epic metal poetico e intenso dei nostri, con riff epocali, vocalizzi virtuosi e un assolo a dir poco indimenticabile a narrare la bellezza di tutto ciò che può essere distrutto in pochi secondi dalla furia e dalla guerra. Su questo stile anche "Lion In Winter", altro brano di spessore incredibile aperto e chiuso da due diverse orchestrazioni di tastiera 100% Virgin Steele, mentre "Let It Roar", "We Are Eternal" e "On The Wings Of The Night" spingono più il piede sull'acceleratore risultando i più metallici e robusti brani del lotto. Molto è stato detto sul versante ballad, con le commoventi "Cry Forever" e "Tragedy" a fare da contraltare all'epicissima "Perfect Mansions" (composta appositamente per la ristampa ma decisamente in linea con i contenuti del disco), anche se invero si nota un minore spessore e una maggiore attitudine strappalacrime che però rimane abbastanza contenuta. Convincono decisamente meno gli episodi quasi-easy listening "Seventeen" e "Chains Of Fire", e anche le due cover incluse ("Stay On Top" degli Uriah Heep e "Desert Plains" dei Judas Priest) invero lasciano il tempo che trovano. Vero punto debole del disco è però uno dei brani aggiunti, una lunghissima, noiosa e per di più fuori posto "Serpent's Kiss" che sembra quasi uno scarto dell'allora nascente "Invictus". Per fortuna questi momenti di bassa ispirazione sono bilanciati dall'indiscusso valore dei brani di cui sopra, ma "Age Of Consent" paga il pegno di essere un disco troppo poco coeso, figlio del periodo di transizione e delle difficili condizioni in cui è nato. Grazie a Dio i Virgin Steele si rifaranno presto...
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