UFOMAMMUT: LUCIFER SONGS
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28/02/2006Siamo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, la musica rock sta subendo profonde trasformazioni. Si inizia a sperimentare, le sonorità già inasprite e indurite da gruppi come Blue Cheer, Grand Funk Railroad e molti altri, prendono una strana piega, più visionaria e ostica, in grado di stupire e stravolgere le consuetudini in campo artistico e di segnare l’avvento della psichedelica: nascono gruppi come Pink Floyd, High Tide e Hawkwind. Il finire del decennio decreta l’inizio di un periodo di buio per i cultori di questa scena: la luce verrà riaccesa solo negli anni ’90. I gruppi che si incaricano di dar nuova vita alla psichedelica non si limitano però ad imitare banalmente ciò che di buono era stato fatto in passato, bensì lo utilizzano come base di partenza per plasmare un nuovo stile musicale, spesso portando il tutto all’estremo con nuove e rischiose soluzioni, relegandosi automaticamente nell’underground più oscuro. Gli italiani Ufomammut sono senz’altro tra i più validi e talentuosi interpreti di questo movimento. Formatisi nel 1999, arrivano già nel 2000 al debutto con l’ottimo “Godlike Snake”, mentre nel 2004 è tempo dello stupefacente “Snailking”. La nuova uscita esaminata qui in sede di recensione dimostra un continuo desiderio di sperimentare e osare, evidente soprattutto data l’idea di produrre un lavoro musicale che sia complementare ad una parte visuale (il disco esce in coppia con un dvd). “Lucifer Songs” è un viaggio musicale suddiviso in 6 “movimenti” (mi concedo il termine dato che le tracce sono unite tra loro e non esiste un termine così che le si possa chiamare canzoni) attraverso il quale ci ritroviamo catapultati in un universo fino a qui sconosciuto: vengono proposte ritmiche cadenzate e imponenti, riffs disturbanti venati di Doom che contrastano con altri che riescono a creare atmosfere più rarefatte, tentazioni rumoriste e voci filtrate, ma soprattutto un grande uso dell’ elettronica, ora come base per le consuete sfuriate rock, ora come soggetto principale delle composizioni. Spesso le tastiere prendono il sopravvento, soprattutto nella parte finale del lavoro, arrivando a sfiorare l’ambient, producendo suoni alieni ed angoscianti, che pervadono il nostro cervello ormai fluttuante nella totale assenza di gravità: veramente parecchio suggestivi momenti del genere, capaci di completare perfettamente le parti più prettamente distorte e pesanti. Unica osservazione che mi permetto di fare: sono sicuro che se la durata fosse stata superiore ai 35 minuti proposti, “Lucifer Songs” sarebbe risultato ancor più coinvolgente e spettacolare. Ad ogni modo, splendida conferma da parte di una band che non si accontenta e che si mette in discussione prova dopo prova a favore dell’evoluzione artistica.
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