UFOMAMMUT: 8
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04/12/2017Otto brani che formano l’ottavo album dei paladini incontrastati del doom psichedelico internazionale, i piemontesi Ufommamut. E l’album non poteva che chiamarsi ‘8’, che segna il ritorno sulle scene della band italiana, supportata ormai da qualche anno dalla Neurot Recordings che ne cura la pubblicazione, a due anni di distanza dall’ottimo ‘Ecate’. Si inizia subito con intenzioni chiare e precise, quelle di proiettare l’ascoltatore verso l’infinito; e non a caso il titolo dell’album può essere benissimo posto in maniera orizzontale, a simboleggiare proprio la propensione della musica degli Ufomammut verso orizzonti fine conosciuta. “Babel” rappresenta il consueto tunnel degli Ufomammut, in cui si evidenzia il malessere che si protrae verso il finire del brano, a seguito delle urla evocative che da sopra la torre vengono emanate. La psichedelia si intromette decisa in “Warsheep”, incuneandosi con gli effetti sintetici tra le insenature dettate dalla classica ritmica permeata di doom tellurico con Vita che detta perennemente i tempi, e che fa da introduzione magistrale per “Zodiac”, che parte dal secondo zero subito combattiva con Urlo che dispiega le sue solenni note vocali. Si rivedono le ritmiche regolari degli Ufomammut, quelle che non ti permettono di fermarti neanche un solo istante dall’headbanging perpetuo ed infinito, e che continuano fino alla fine del brano, disinteressandosi del breve stacco a metà brano, in una costante battaglia tra il corpo, la mente e la musica di dimensioni atomiche. Ottimi anche gli arpeggi di chitarra, con annesse distorsioni, da parte di Poia. È un disco senza pause, come nella migliore tradizione Ufomammut, e dopo l’apparentemente interlocutoria “Fatum”, si cerca di andare nello spazio con “Prismaze”, con ritmiche più adagiate all’inizio, a cui poi fanno spazio le classiche bordate batteria-chitarra che non lasciano scampo, ovviamente. Come anche le partizioni un po’ stralunate di “Core”, che dopo poco si regolarizzano creando il loro classico pandemonio sonoro che cattura sempre. Si conclude con l’ipnotica “Psyrcle”, in cui sentori simili a dei fiati piuttosto gravi fanno da leit-motiv principale in un brano in cui si alternano momenti più riflessivi ad altri che più sostenuti, di chiaro stampo Ufomammut. ‘8’ non si presenta come un disco sostanzialmente ed eccessivamente vario, giocando su poche sezioni ritmiche che si riprendono e si rincorrono per tutta la durata dell’album. Ma è comunque una garanzia di guerriglia sonora senza esclusione di colpi, tra aggressività ed ipnotismo, tra voglia di combattere e il prostrarsi nei confronti di una band che nel genere psych-doom si rivela ancora una volta la capostipite. Infatti ‘8’ è un album che è assolutamente aperto a migliaia di interpretazioni linguistiche: dall’”eight” inglese, passando per l’”otto” italiano e l’”acht” tedesco, e via via perlustrando le rimanenti lingue del pianeta, assumendo il significato di un album (come anche i precedenti, del resto) rivolto al mondo intero, in particolare quelle frange di persone che sentono il bisogno di liberarsi e di risollevarsi ascoltando l’ordigno musicale degli Ufomammut, per esserne poi completamente purificati. Non c’è nemmeno da segnalare che quest’album, dal vivo, mieterà tante vittime, buttate per terra a colpi terrificanti di decibel.
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