THRICE: VHEISSU
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09/02/2006Thrice ennesima parte, “Vheissu” dopo “The Artist In The Ambulance”. E giù a scervellarsi per capire, immaginare, scommettere cosa potevano tirare fuori i Thrice, entusiasticamente definitivi da alcuni ‘re dell’emocore’ quando il tanto vituperato emocore allo stato attuale delle cose altro non è che una gabbia per rinchiudere al suo interno sonorità che abbiano un minimo di melodia e impatto ma che non si riesce ad incanalare in nessun genere ben definito. Ma era piuttosto palese il fatto che i Thrice non si sarebbero fermati lì, che non avrebbero riciclato i riff e i ritornelli del disco precedente ma che si sarebbero spinti oltre. E l’oltre è arrivato, l’oltre si chiama “Vheissu”. Sin dal primo, ostico ascolto il platter appare per quello che è, un caleidoscopio di emozioni e umori che fano diventare all’istante i Thrice in una specie di ufo musicale; da qui la semplice etichettatura ‘rock’ nell’intestazione di recensione. “Image Of The Invisible” è un pezzo energico e potente, dotato di un chorus da manuale e di riff altrettanto convincenti. Un’opener giusto per tenere calmi gli esagitati, che dopo s’ha da rallentare con gioellini di pura intimità rock (“The Earth Will Shake”, “Atlantic”). Ma è sempre un’illusione, visto che poi ci si dà dentro di nuovo con pezzi ‘pesti’ puramente post-core e poi… e poi diventa anche un’impresa titanica descrivere l’album. L’agrodolce “Music Box”, forse il brano migliore del disco con il suo refrain sofferto ed esplosivo, la potente “Of Dust And Nations” o la struggente conclusione di “Red Sky” sono sufficienti a smorzare tutte le parole e a fare in modo che parli solo la musica. E “Vheissu” ha fin troppe cose da dire per perdere tempo con altro chiacchericcio.
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