DAMN FREAKS: III
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01/12/2023I Damn Freaks nascono a Firenze nel 2017, e tra Padova, Milano e Firenze si rimodellano per il terzo album. E’ una sinfonia della distruzione heavy la prima traccia, “The Land Of Nowhere”: il riff della chitarra si appoggia alla dote vocale di Giulio Garghentini che si eleva da subito (un compito arduo, ma distintamente svolto, quello di sostituire Jacopo Meille ora Tyger Of Pan Tang). Sound stradaiolo con accenti heavy rock (“Damn Burning Mercy”), riff elettrici e crescenti (“Where Is Love?”), dal canto controllato, anche sulle vette più alte (senza alcun problema di pressione), vocalizzi resi facili per maestria. Rock che si libera dello sporco sound, spesso accentuato nel genere, con voce roca e primitiva, qui equilibrata, atletica, capace di pesare acuti, distorsioni, in grado di appoggiare lo strumento vocale all’armonia o di sostenerla con potenza (“Walking In The Sand”). Una sezione ritmica che semina calibrati poliritmi per speziare il sound metallico (“My Time Has Gone”). Il suono della sei corde si orienta su una connotazione anni ‘80, sgargiante, ricco di spirali, ed una voce dall’effetto levigato e potente, ammorbidita o resa più metallica per l’occasione, ma sempre pulita. Cori semplici, arpeggi rari (“You Ain’t Around”). Background da ascolti: Dokken, Ratt, White Lion, Bon Jovi, Van Halen, Lynch Mob, etc. Background da vita: due album, l’omonimo (2017) e ‘Love In Stereo’ (2020); e presi singolarmente i suoi attuali musicisti sono uno sfondo di storie varie e cromate. Alla voce ora, Giulio Garghentini (Mantra, Darkfire, Ex Beat Funk, Soul’s Silence, musical ‘Grida di Libertà’, ‘Jesus Christ Superstar’, Dream Company, un album da solista ‘Believe’, 2013); alla chitarra ora, Alex De Rosso (quattro album da solista, Dokken 2002-2003, Headrush, album tributo Toto 2008 ‘King Of Balance’, Pushking, 2011, The Big Swing, Faithsedge, Solna, Shadow Fade, Vertico, Perfect World, etc.); alla batteria, sempre Matteo Panichi (Fools Moon) e al basso sempre Claudio Rogai (Nuova Era). ‘Love In Stereo’, il loro secondo album era più catchy e dalla presa live; ‘III’ alterna tracce più heavy rispetto al passato, andando a richiamare le fattezze dei Lionsheart (Steve Grimmet), per la loro attitudine ad attaccarsi alla tua pelle, e canzoni più melodiche, da cui traspira l’armonia orecchiabile Bon Jovi (senza l’uso di tastiere) ed il loro effetto wah wah, su riff Dokken. Ne sono un esempio “My Resurrection” e “Walking The Wire”. I Damn Freaks sono longitudinali perché attraversano un genere, partendo da un punto e ritornano sullo stesso, con un’origine che rimane sempre equidistante nella sua posizione: scelte musicali precise e nette, senza ornamenti. Tutto ciò che potrebbe essere accessorio è inutile! E loro vestono un tessuto musicale semplice, ma resistente, con una produzione sonora (Alex De Rosso) che predilige l’ascolto di chitarra e voce. Non è un caso la dedica di “Crazy Ride” (“Living On A Prayer”, Bon Jovi) ed in particolare ad Alec John Such (per il giro di basso), di forte ispirazione per Matteo Panichi, membro storico della band.
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