SHAKRA: FALL
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10/10/2005Ah, le recensioni. In giro per il web se ne trovano di tutte le salse, stili, valutazioni, cosparse in un marasma che spesso tende più a confondere che non a convincere gli utenti su eventuali acquisti. Il motivo, subito detto, è molto semplice: spesso vengono affidati i dischi sbagliati alle persone sbagliate, col risultato di maturare impressioni e idee che difficilmente finiscono per combaciare col risultato effettivo del lavoro degli artisti. Il nuovo album degli svizzeri Shakra, neanche a farlo apposta, ne è forse l'esempio più tipico e lampante. L'immagine malinconica della front cover, abbinata ad un titolo ("Fall") che poco spazio lasciava ad altri tipi di interpretazioni, aveva finito per mettere il sottoscritto sul "chi va là", abituato, visto il suo seguito imperterrito sulla carriera discografica della band elvetica, a giochi di fuochi, ingranaggi e calore tipici delle hard-rock band europee. Ora, stranamente, l'immagine era sommossamente ma visibilmente cambiata, indirizzata verso un universo più cupo di quello sin qui mostrato, e questo, detto dentro di me, doveva pur dire qualcosa. Leggendo i vari pareri in giro per il web, invece, tutti attenti a parlare dei "soliti Shakra", credevo di essermi imbattuto in un granchio di quelli colossali, buono solo a gettare un po' di attenzione come nella classica promozione pro-uscita. E invece, tanto per cambiare, erano tutte solenni e clamorose cazzate: mi scusino i lettori per questo poco educato sfogo, ma sarebbe il caso di iniziare a recensire i dischi per quello che sono, e non per quello che qualcuno vuol far credere che siano, detto nella relativa buona o cattiva fede del caso. Dopo un inizio nel più classico stile Shakra, infatti, il cd ivi in analisi si imbatte con "All Or Nothing" in una parentesi particolarmente nuova per Mark Fox e soci, un corso che tenta di rubare furtivamente, con risultati eccellenti, alcuni elementi e melodie di tipico stampo gothic, rielaborandole però con l'inconfondibile e proprio marchio di fabbrica del gruppo. Ecco quindi che, accanto ai sempre presenti riffs serrati e alle granitiche ritmiche di chitarra, vengono affiancati dei ritornelli in cui il gioco a pinnate ripetute delle sei corde tende a farla da padrone, elemento questo già intravisto ad esempio in diverse composizioni tipiche dei Sentenced post-Crimson, cosa questa perfettamente evidenziata all'interno della comunque favolosa title-track. Il risultato è quindi un cd che suona dannatamente ed ovviamente Shakra, il tutto però rinfrescato e rielaborato con diversi nuovi e sin qui solo accennati elementi, ottimi per dare una ventata di gelida e fredda aria all'interno di una proposta che, nonostante la sua nominia di statica ripetitività, dimostra invece di sapersi evolvere con la marcata e dovuta personalità. Traendo le conclusioni del caso vi consiglio di fare vivamente vostro questo nuovo e meritevole capitolo in studio degli hard-rockers europei, i quali, alla faccia dei tanti ciarlatani e chiaccheroni di turno, hanno finito per dare sfoggio ai più del loro immutato e anzi crescente spessore artistico. Opprimente, come il rumore di un forte e nervoso vento tra le fronde di una desolata foresta.
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