SEREMONIA: Pahuuden Äänet
data
05/10/2016Senz'altro dotata di spunti di interesse questa proposta offertaci dal quintetto finlandese alla sua quarta prova su disco. Dopo il favore della critica raccolto con il precedente lavoro, i nostri proseguono sulla stessa scia proponendo quel sound che li ha resi celebri tra gli amanti delle sonorità psych/doom figlie delle esperienze lisergiche degli anni 70. Ciò che sorprende dal primo ascolto, specie in chi non ha avuto modo di ascoltare i lavori precedenti della band, è la scelta coraggiosa e identitaria di usare per le liriche la propria lingua madre, il finlandese, lingua non di certo intuibile o facilmente decifrabile, che dona quel particolare tocco di misticismo in più all'intero rituale codificato in musica e materializzato su disco. Si, perchè l'intero disco si traduce in un rituale esoterico, un' esperienza capace di rapire i sensi e trasportare l'ascoltatore attraverso un percorso onirico."Orjat" rappresenta appieno il cerimoniale di passaggio da una dimensione fisica ad una metafisica e più rarefatta che diventerà sempre più sognante, ma allo stesso tempo anche inquietante, man mano che ci addentreremo all'interno di questa selva di sonorità fatta di grovigli di fuzz, synth spaziali e attitudine heavy rock. L'impressione di trovarci di fronte ad un prodotto decisamente "vintage" c'è tutta, i nostri giocano molto con i suoni analogici, chitarre che spaziano da accattivanti distorsioni crunch a bordate decise di fuzz, abusi si synth urlanti e contorti come nella psichedelica "Sähkölintu", nella quale i suoni impastati e indistricabili bombardano con violenza l'ascoltatore per la breve ma intensa durata della traccia. Trovano spazio all'interno del platter anche capitoli più rock oriented quali la riuscita ed accattivante "Sielun kuolema" o la spedita "Me kutsumme sitä" che viaggia su un up tempo mozzafiato.Parliamo pur sempre di un rock figlio della cultura hippie a cavallo tra gli anni 60 e 70 rimaneggiato e impastato con distorsioni più aggressive e costruito su una impalcatura lirica che trae spunto dalle tematiche più occulte ed oscure. La riuscita di questa commistione è anche da attribuirsi alla particolare espressività di Noora Federley, vera e propria sacerdotessa di ghiaccio e alla produzione cavernosa e decisamene lo-fi. "Riudut ja kuolet" invece sembra volersi approcciare al filone prog rock, l'uso del flauto che riporta alle sonorità dei Jethro Tull, il riff di chitarra lento, di pura tradizione doom e il basso roboante di Ilkka Vekka che vuole far sentire la sua presenza all'interno del brano ritagliandosi un proprio spazio duettando con la chitarra, si intrecciano alla perfezione in una melodia asfissiante e opprimente. Accanto alle sfuriate psych-rock più contorte e aggrovigliate e alle melodie space/prog rock di "Uusi aamu sarastaa" si collocano quelle tracce che fanno di questo platter un prodotto nient'affatto monotono ma ispirato e frutto di un concentrato di ispirazioni diverse che vanno da gruppi quali Jefferson Airplane e Coven fino ai Black Sabbath, parliamo di pezzi quali la title track, suadente come solo la voce della tentazione, del Male, sa essere, dolce e melodica, assolutamente godibile nel suo equilibrio tra voce e melodia, e la jazzante "Ne ovat jo täällä", dal sapore swing che collassa su se stessa perdendosi in un piacevole delirio di pura follia musicale. In sostanza questi Seremonia sono così, a loro va fatto senz'altro un plauso per aver saputo imparare dai grandi del passato e per aver saputo plasmare un sound personale dotato di una impronta di originalità e di un pizzico di follia.
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