OLD MAN'S CELLAR: Damaged Pearls
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30/01/2014Tra una sorsata di Lambrusco e l'altra cerca di crearsi spazio nel panorama rock nazionale questo quintetto che mostra di aver fatto passi avanti notevoli rispetto al discreto, ma nulla più Ep di esordio. L'Italia, lo sappiamo, non è mai stata una terra in cui il rock melodico è riuscito ad attecchire più di tanto, ma non sono comunque mancati musicisti di che hanno cercato di portare avanti le loro idee con grande passione e convinzione a partire dagli anni '80 (vengono subito in mente i pionieri Elektradrive), fino ai giorni nostri con esponenti di notevole caratura come Charming Grace, Myland e Lionsville, giusto per citare i più emblematici, a cui potrebbero affiancarsi oggi proprio gli Old Man's Cellar. Già ascoltando l'opener title-track dall'impronta muscolare si intuisce che i nostri hanno stoffa e una preparazione tecnica non indifferente con la voce di Riccardo Dalla Costa molto ben impostata e dotata di un certo carisma, mentre in "Amber Lights" e nella successsiva "HyperLove" cominciano a prendere corpo grazie a tastiere dal tocco vellutato sonorità squisitamente Aor. Ma è l'insieme del lavoro, da ascoltarsi tutto di un fiato perchè riesce a mantenere con costanza le naturali caratteristiche di orecchiabilità, a rendersi veramente molto interessante, alternando brani dal ritmo vivace ("The Years We Challenge" e la conclusiva "Undress Me Fast") con soluzioni all'insegna di una certa raffinatezza stilistica ("Don't Care What's Next", dall'incipit delicatamente elettronico) e a ballads di tutto rispetto come "Is This the Highest Wave?" con il piano in evidenza e l'acustica "Still at Heart" dai toni un po' più intimisti, non dissimile a quanto hanno proposto in passato gruppi come Extreme.
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