NEVERMORE: DREAMING NEON BLACK
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10/12/2003Era dai tempi di “Time Does Not Heal” dei Dark Angel che il thrash metal non proponeva un concept album così intenso e ben realizzato. Il filo conduttore delle tredici canzoni che compongono “Dreaming Neon Black”, terza fatica in studio per i Nevermore, è il vortice di dolore che si genera nella mente di un uomo a seguito del suicidio della propria amata. Il suono di “Dreaming Neon Black” è estremamente cupo, con un tale carico di depressione che nessun accenno alla speranza, nessun raggio di luce riesce a filtrare attraverso il tetro muro eretto dalla band di Seattle. Ad aprire l’album la breve strumentale “Ophidian”, onirico traite d’union tra una vita che se ne va e il dramma di chi affronta la scomparsa della persona amata, e la thrasheggiante “Beyond Within”, che attraverso ritmiche incalzanti e solos melanconici rappresenta la presa di coscienza del suicidio da parte del protagonista maschile di questa triste vicenda: è la genesi di tutte le sofferenze, l’inizio della caduta (“Welcome To The Fall”). Warrel Dane sfoggia la sua migliore prestazione di sempre, facendosi portavoce di tutta la rabbia, di tutta l’angoscia che può imporsi improvvisamente nella vita di una persona. In “Dreaming Neon Black” non sono i ricordi del passato felice a farsi vivi, ma ad affollare il presente sono le mille domande senza risposta sull’esistenza, sul senso di tutto: “Sometimes I Wonder Where You Are, Can You Feel My Tears?” Non dimenticando che il thrash è comunque l’elemento portante della musica dei Nevermore, è impossibile non notare come alcuni dei pezzi presenti in questo disco si discostino notevolmente da tutto quanto è stato fatto in passato dalla band. Così le classiche thrash song in perfetto stile Nevermore (“Poison Godmachine” su tutte) sono affiancate da episodi più lenti e introspettivi, sorretti da un basso lugubre e drammatico che sembra scavare negli abissi più remoti della mente umana (“The Lotus Eaters” e la struggente conclusiva “Forever”). “Dreaming Neon Black” è un album complesso, ricco di sfumature eterogenee, che sfugge a qualsiasi tipo di catalogazione; basta pensare che lo stesso Dane, a tal proposito, ha definito il suddetto lavoro come un prodotto di “dark fuckin’ extreme heavy metal with some fuckin’ goth influences”!
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