IRONSWORD: RETURN OF THE WARRIOR
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13/07/2005Chi segue gli Ironsword e il loro epic metal d'intenzione censoria/oscurantista, in perpetua guerra con la corruzione dei costumi e il benpensantismo della Domenica che sta affliggendo il mondo del metallo, sa bene che la band portoghese è nata per opera di Tann, ex-Moonspell fortunatamente pentito e tornato sulla retta via del puro acciaio, con il solo scopo di suonare lo stesso identico epic metal forgiato negli anni '80 da due band che (per esplicita ammissione) costituiscono per il nostro eroe un'autentica fonte di plagio: Omen e Manilla Road, con qualche punta di Manowar, Running Wild, Bathory di "Blood On Ice", Judas Priest e Thor a rinfrescare il tutto. Finora l'unico prodotto degli Ironsword era l'omonimo debutto, un disco purtroppo affossato dall'utilizzo di una batteria elettronica assolutamente fuori contesto, ed era davvero ora che la musica degli Ironsword potesse presentarsi al mondo nella sua forma migliore, con un sound che tributa gli Omen di "Battle Cry" e realizza appieno le aspettative dei (pochi ma buoni) supporters del combo portoghese. Abbandonando un po' quella staticità artistica votata alla terzina d'acciaio (comunque imperante nella piratesca "Dragons Of The Sea") che li caratterizzava in passato, i tre lusitani tengono fede all'autodefinito "barbaric metal" con una serie di nuovi inni guerreschi ancora più aggressivi e oscureggianti che in passato, in cui si nascondo sapienti plagi messi lì a posta per farsi scoprire dei cult-metaller più incalliti (e che per questo non nominerò, anche se un titolo come "The Wench" dovrebbe fare come minimo sospettare qualcosa). Riff essenziali e granitici con occasionali svisate à la Kenny Powell, batteria marziale e pestatissima, e soprattutto l'inconfondibile voce dalle timbriche preumane di Tann, brutale, rude, urlata su toni bassissimi e occasionalmente slanciata in riuscitissime imitazioni del migliore Mark Shelton e dei suoi imprescindibili Manilla Road. Tra i ben 12 brani spiccano senza dubbio le howardiane "Nemedian Chronicles", un inno bellico in pieno stile Ironsword, e la cadenzata e spaccaossa "Way Of The Barbarian", fornita anche di un inusuale refrain con cambio di tonalità che sa tantissimo di "Open The Gates". Maggiori concessioni alla velocità, con autentiche mazzate quali "Death Or Glory" o l'inno "Brothers Of The Blade" mettono in evidenza la somiglianza con certa NWOBHM più aggressiva (Elixir su tutti) o persino col power metal ottantiano più rude di Jag Panzer, Savage Grace e compagnia (come si nota nell'opener "Ironsword" o in "The Wench"). Incredibili e in certo qual senso nuove alcune inflessioni doomish presenti nella minacciosa "War Hymn", caratterizzata da tribali cavalcate e giri di chitarra alquanto gloomy, e la più melodica conclusiva "Let The Titans Collide", mentre stupendi sono gli episodi più tradizionalmente melodici ed epici, come la mitologica title-track o l'a dir poco gloriosa "Beginning Of The End", in cui i Manilla Road vengono riletti in chiave Omen per creare un definitivo trionfo di metallo epico e barbarico come non mai. Si è detto tanto di come al giorno d'oggi troppe band pretendano di suonare sulla base di idee vecchie di vent'anni, limitandosi a un insulso tributo agli eroi degli eighties. Si è detto tanto di come all'heavy metal di oggi manchi personalità e inventiva, si è detto tanto di come la musica sia destinata all'estinzione senza nuove idee, si è detto tanto di come troppe bands spaccino per coerenza alla fede una tragica mancanza di capacità. Si è detto tanto, forse troppo, e ci si è scordati di fare i conti con gli Ironsword. Lunga vita a Tann!
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