IRON MASK: Master Of Masters
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05/12/2020Molti di voi, appassionati di power metal combinati con lo stile neoclassico, avranno sicuramente seguito le gesta di Dushan Petrossi, axe hero di nazionalità belga all'opera prima con i Night Kingdom, dal 1998 con gli Iron Mask oggi pronti per l'uscita del loro settimo lavoro, pubblicato come di consueto dalla Afm Records. Nonostante gli eccellenti valori del musicista leader dobbiamo per l'ennesima volta evidenziare i suoi alti e bassi, un peccato che non riesca a far sì che le doti tecniche non siano propriamente al servizio di un adeguato songwriting che salvo qualche eccezione si rivela abbastanza piatto, se non lacunoso, a farne le spese è anche in questo caso la maggioranza dei brani che non riescono a svilupparsi in maniera appropriata, complice anche la performance appena accettabile del singer Mike Slembrouck che perde in maniera abbastanza netta il confronto con il predecessore Diego Valdez che figurò molto bene in 'Diabolica'. Le prime quattro tracce, pur ben suonate, evidenziano una certa staticità e non brillano per capacità di intrattenimento, quasi un mero sfoggio di tecnica individuale proveniente dal caratteristico suono della Stratocaster dalle rimbembranze malmsteeniane. In "Nothing Lasts Forever", quinta traccia del lotto, finalmente si accendono i motori e come conseguenza aumenta il dinamismo anche se la derivazione dello stile della ex band di Tolkki è fin troppo palese e i nove e passa minuti non sono un punto a favore. La situazione migliora nettamente nel mid tempo "Dance With The Beast" dove il guitar sound si fonde benissimo con le tastiere e la presenza di un chorus molto evocativo anche se non particolamente originale, la successiva "Wild And Lethal" è un classico metallone dal riff secco con un fraseggio vorticoso nel pre-chorus mentre "My One And Only" verrà apprezzata dai più grazie al carattere che mischia epicità e gusto neoclassico, pollice verso purtroppo per la compassata "Mist Of Loch Ness" e la ballad "A Mother Loved Blue", avara di contenuti interessanti. In conclusione ribadiamo il concetto espresso nella recensione in 'Diabolica': Dushan è un tipo coriaceo, ma l'incostante qualità dei suoi lavori non gli ha permesso di raggiungere i risultati che da un talento come lui ci saremmo aspettati.
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