H.E.A.T: H.E.A.T II
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28/02/2020Senza girarci troppo intorno, 'Into The Great Unnkow” è stato un mezzo passo falso nella carriera di una band come gli H.e.a.t. che fino ad allora non avevano sbagliato praticamente un colpo. Avevano un bivio davanti: continuare con la svolta pop o tornare ai fasti di 'Address The Nation'? Ecco, tanto per essere chiari gli H.e.a.t. hanno sfornato con questo 'II' (simbolo di un nuovo inizio?), il miglior album di rock melodico degli ultimi vent'anni almeno. Ben unici killer song, songwriting stellare (per fortuna i ragazzi sanno ancora scrivere grandi anthem), senza sbagliare praticamente nulla che sia un chorus, o un bridge, o quant'altro. Nulla di nulla. Uno stato forma eccezionale che mostra Dave Dalone sempre sugli scudi il quale macina riff su riiff, coadiuvato dalla solita grande sezione ritmica e da una tastiera sognante e sempre in primo piano. Da par suo Erik Gronwall finalmete riprende a cantare come sa, regalandoci una prestazione di altissimo livello sia che siano note basse, sia in quelle più acute. E le canzoni? Si, le canzoni. Una più avvolgente dell’altra. Il top si raggiunge con "Adrenaline" (seppur per certi versi ricordi "Runaways" degli Eclipse), e poi l’hard rock di apertura "Rock Your Body" (classico pezzone da live in cui fanno capolino i Def Leppard, soprattutto nel ritornello); "One by One", "Heaven Must Have Won An Angel" (intro tiratissimo di tastiera con un chorus da cantare a squarciagola); "Come Clean", la conclusiva e poderosa "Rise". Insomma, chi più ne ha, più ne metta. Disco che rasenta praticamente la perfezione, inutile dilungarsi più del dovuto. Gli H.e.a.t. hanno fatto un centro pazzesco piazzando il disco più bello della loro carriera, che si spera possa essere supportato il piu’ possibile per condurre il quintetto, che al momento rappresenta il top mondiale a livello di melodic hard rock, nell’olimpo delle band più blasonate (che sarebbe il caso lasciassero lo scettro a band piu’ giovani come in questo caso).
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