GODFLESH: A World Lit Only By Fire
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16/10/2014Se 'Decline and Fall' (Ep che ha anticipato l'uscita del full lenght) rappresentava una summa dei primi due dischi della band, perchè sapeva coniugare perfettamente l'industrial metal ('Streetcleaner') con le sonorità techno dell'hip hop e del dub ('Pure'), qui si parte da quella sinergia e la si coniuga con l'ossessiva ripetizione dei patterns (tipica di 'Selfless'), portando l'ascoltatore a travalicare i confini della paranoia e dell'alienazione in un regno dove vige l'ansia e i segnali di minaccia imminente. Dissonanze a fiumi, riff di chitarra taglienti come lame e basso slabbratissimo continuano ad essere il trademark immutabile del duo albionico; "Carrion" esula dal discorso 'Selfless' perchè ha un groove sincopato alla 'Songs Of Love And Hate', "Obeyed" (un inferno di dissonanze) e "Forgive Our Fathers" sono i punti più bassi (anche per gli arrangiamenti) che la follia umana possa toccare, in queste due tracce i Godflesh esplorano i meandri della mente di un disturbato che lotta con tutte le sue forze contro la sua situazione psichica, rinchiuso, suo malgrado, in una camicia di forza. i>"Life Giver Life Taker" è la trasposizione dell'amore che nutrono per i Killing Joke nonchè la siderurgica monoliticità dei suoni di Birmingham, città industriale che ha dato loro i natali, "Deadend" e "Shut Me Down" (trascinanti) devastano tutto ciò che incontrano lungo il loro cammino grazie ad una drum machine pneumatica e ad una produzione notevole. Un disco ossessivo che ripercorre tutta la loro carriera passando da tracce più ritmate (la maggior parte) ad altre basate su lunghe suite di chitarre a mo di drone ("Obeyed" e "Forgive Our Fathers"), e dilatazioni che tendono a sopperire ai momenti nei quali cala l'ispirazione ma con la conseguenza che potrebbero stancare per la reiterata monoliticità. Sostanza e mestiere con uno sguardo al passato.
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