EDGE OF FOREVER: Seminole
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03/02/2022Alessandro Del Vecchio, polistrumentista e produttore italiano, sta scrivendo pagine di storia in musica segnando produzioni artistiche a livello mondiale. Curriculum vitae da esempio. Appassionato, pignolo, coaching per chiunque si relazioni con lui, sarto professionista in musica, dall’approccio maniacale per la cura ed il dettaglio, contamina più generi con esperienza e abilità, dall’hair metal all’AOR melodico all’hard rock più classico con venature heavy. Talento nel mettere in luce ogni componente della band con un lavoro sopraffino di mixaggio, in grado di eliminare ombre, creare livelli sonori sovrapposti interscambiabili tra le parti, una “quercia” dotata di resistenza, forza di volontà e spirito guida per il suo intorno: in grado di instaurare intese musicali pazzesche! Inizia l’anno con ‘Seminole’, quinto album degli Edge Of Forever. Credo che tra i suoi numerosi impegni e creazioni questa squadra sia il progetto più personale. Formazione stabile rispetto al precedente ‘Native Soul’ (2019). Così incomincia un peregrinaggio con questo album, innovativo nella struttura: una grande premessa (tracce 1-6) il viaggio verso orizzonti migliori, paure ed incertezza (traccia 07), ideali elevati (traccia 08) per concludere con un mini-concept album (tracce 09-12) che racconta di Seminole, la terra per ricominciare. Parallelismi tra la storia di una tribù, i Creek, che dalla Georgia e dall’Alabama si trasferirono per vivere in un posto migliore nelle paludi della Florida. Migranti che diedero vita ad una vera e propria popolazione, si impadronirono di terre che diventarono la loro dimora. Da qui il nome della città Seminole negli Stati Uniti. Furono in continua lotta con il governo americano per la propria libertà e spesso vittima di soprusi del potere americano. Artwork non a caso, Alessandro in veste di Osceola, l’urlatore del Bosco Nero, la cui figlia era stata rapita da uomini bianchi e venduta come schiava. Sound hard rock del tipo di ‘Time To Take A stand’ dei Moonstone Project (2005), produzione sublime da ‘Too Hot To Sleep’ dei Survivor (1988), con atmosfere da colossal, monumentali da Ayreon/Star One. Rispetto al precedente album: un cantato stracurato, viene concessa più voce al basso, e le melodie sono più ricercate, hanno più carattere, sono ben riconoscibili e si attaccano alla pelle! E musicalmente è la giusta “divisa” per Del Vecchio, il suo “vestito” migliore: di anima da indiano padano. Un'intro di batteria assassina con "Get Up On Your Feet Again", rullate che risuonano nella mia cassa toracica e il basso è un martelletto continuo. Vincente nel riff di chitarra "On The Other Side Of Pain": altro bersaglio colpito! Maledettamente riuscito il suo discorso vocale: una voce è il cuore, la seconda voce, in virata è la mente, che mente e ti porta fuori strada. "Made It Through" è da Serpente Bianco per i versi e il cadenzato. "Shift The Paradigm" è sound da Revolution Saints (quindi è sempre lui, Ale). "Another Salvation" potrebbe essere una canzone scritta per Jorn Lande (già). Giunti alla ballad "Breath Of Life", un pensiero va alle melodie dei Journey. Poi paura ed incertezza in "Wrong Dimension": è la mia preferita! Effetti iniziali, atmosfera da indiani d’America che si trasformano in un monumentale e struggente colossal, e poi ancora in una marcia heavy con manovre hard pesanti, si crea un’atmosfera teatrale, con sottofondo di tastiera su guizzi di chitarra. E’ qualcosa che attinge alla storia della musica. Dopo questa traccia di otto minuti, tutto passa in secondo piano per me fino all’arpeggio di "Seminole, Pt. 1 In The Land Of The Seminole", voce a cappella ed eco di cori alla sua voce: musica spirituale, ed io sono là con i piedi nell’acqua, immersa nella natura, un profondo contatto con tutto ciò che mi circonda; che magia (grazie EOF). Da questo istante sorprendenti continui e calibrati cambi di tempo innalzano il livello del disco, rivoluzionario nel creare un evento atipico di 10 minuti, un progressivo ultra dinamico, domato da più assoli strumentali, frutto dell’affiatamento tra le parti (eccome se lo si percepisce). Un’atmosfera western per il finale, tolgo i piedi dall’acqua, alzo gli occhi al cielo e ricordo dove è iniziata la mia storia: nella terra di Seminole!
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