ECNEPHIAS: HAERETICUS [Ep]
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19/08/2009Ritorno alla ribalta per uno degli act che dimostra (qualora ce ne fosse bisogno), che la qualità è troppo spesso nemica del successo. Si tratta dei lucani Ecnephias, band attiva da diversi anni nell'underground tricolore che sbalordì mezza stampa internazionale con 'Dominium Noctis', album che aveva mostrato una band matura fin dagli esordi, capace di ottimizzare al meglio le limitate risorse di cui una band emergente può disporre. Dopo qualche scossa di assestameto nella line-up (che adesso vede nientemeno che Antonio "O' Fenomeno" Donadeo dietro le pelli) e lo schieramento stabile di un tastierista, i lucani hanno prodotto in circa un anno queste sette tracce (tecnicamente quattro più intro, intermezzo e outro ma confermiamo sette, dopo spieghiamo il perchè, ndr) che mostrano al mondo i nuovi orientamenti della band. Che, dobbiamo segnalare, ha perso leggermente quella cupa potenza che si sentiva nel disco precedente ma ne ha guadagnato in sinfonicità, epicità, ricercatezza, freschezza compositiva e cupa malvagità. La title track vi trascinerà immediatamente in oscure regioni dove inquieti fantasmi vi aleggeranno intorno e dove la maestosa voce di Mancan vi guiderà in questo mondo malvagio, dove persino la violenza dei riff deve occasionalmente lasciare lo spazio a lentissime decelerazioni cariche di un'inquietante sinfonicità, con strofe in italiano e latino che daranno i brividi anche al più smaliziato degli ascoltatori. La successiva "Deviations" si rivela subito per quello che è: un'altra oscura gemma del male incastonata in una macabra collana destinata alla più sanguinaria delle regine. Il lento incedere sinfonico, alternato a momenti più aggressivi contraddistinti da un riffing Death melodico, pesantemente influenzato da elementi Black. Assolutamente affascinanti anche le parti parlate (sempre italiano o latino) e i duetti corali con contrapposizione tra voci maschili e femminili, come in un coro gregoriano del Male. Tutto l'Ep è fatto di questa pasta, insomma, ma una menzione speciale meritano gli intermezzi, dalla forte componente lirica e strumentale, con speciale menzione per la maestosa "Ave Maestro", breve e intenso momento lirico scelto per chiudere 'Haereticus' e la parte conclusiva di "Hill On A Desert", affidata ancora a cori baritonali e pianoforte. E' vero che si tratta solo di un assaggio in attesa del nuovo album, da prendersi più come un biglietto da visita per la nuova line-up, ma appare ben chiaro da questi scarsi venticinque minuti di quanto i profeti italiani non siano tali nello Stivale. Specie se vicini al tacco. Da considerarsi obbligatori per gli amanti delle sonorità cupe, oscure e sinfoniche.
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