DECLINE OF THE I: Escape
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05/06/2018Terzo capitolo in studio, con la pare ormai canonica scadenza triennale, per i francesi Decline of the I. Black metal il loro complesso, dissonante ed atmosferico, pregno di intensità a livello di voci, che oseremmo dire narranti e tutt’altro che assimilabili ai classici del filone. Possiamo dire di trovarci di fronte ad un avanguardismo che, in questo episodio, alterna orchestrazioni ed inserti electro ad ambientazioni che possiamo definire gothic. Il tappeto di suoni di fondo, invece, pescano a piene mani dal black più classico, seppur spezzando poi i ritmi usuali con coralità ed armonie epiche e coinvolgenti. Ci possiamo sbilanciare dicendovi che lo stile dei Decline of the I è personale, riconoscibile soprattutto per le atmosfere e la furia con cui poi vengono scalfite. Contumelia black metal che, d’improvviso si trasforma in un gesto d’amore, in un’eleganza che trascende la forma e che, seppur angosciante, lascia a bocca aperta. Mostruosità viene innalzata, sublimando essa stessa in un’opera eterna nella nostra memoria. 'Escape' non presenta spunti di tecnica oltre al necessario, un connubio perfetto tra sensibilità mutate e strumenti che non parla mai la lingua del virtuosismo. Album che ha nell’aere la forza principale, ipnosi che lascia un contatto con i sensi terreni, ma che permette alla mente di propagarsi più in là dei limiti corporei. Impulsi electro corrono lungo una fibra che viene tesa da ansie e paure, luci che pulsano e che scompaiono in un orizzonte al quale non avevamo ancora rivolto lo sguardo. L’incontro tra Aosoth, Deathspell Omega e qualcosa che va aldilà gli accostamenti, prerogativa dei Decline of the I, crea questo disco. Inquietudini si alternano, tra sguardi di vergogna, discorsi evitati ed accantonati colpevolmente, voci familiari ricacciate nell’angolo di un’anima in cui una luce ora rischiara mute disperazioni. Tensioni emotive riaffiorano, sensi di colpa mai dimenticati e perdonati che ci attraversano svanendo. Gelo che nel vento trova veicolo con cui pungere e intravedere uno scopo, esistenza che dal dolore ritrova un significato per un’astrazione in note. I Decline of the I ci hanno ancora una volta ammagliato, non finendo nell’amor proprio per l’avanguardismo fine a se stesso, ma anzi essendo anche minimali ed essenziali quando pause e strutture lo richiedono. Terza perla per una band che merita considerazione, in grado di distinguersi con luce propria nel black metal e nel suo concetto di “post”. Consigliato vivamente per chi vuol volgere lo sguardo oltre.
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