CANNIBAL CORPSE: BUTCHERED AT BIRTH
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23/03/2010Secondo album per i deathster statunitensi, che non paghi di polemiche e censure riguardanti testi e artwork, tornano più forti di prima, con tutta l'intenzione di far male agli ascoltatori e rendere felici i moralisti col callo savonaroliano. Stavolta alla produzione c'è nientemeno che Scott Burns, però il primo appunto negativo cade proprio su questo aspetto: la registrazione è poco potente e in generale spezza quello che dovrebbe essere il fascino individuale degli strumenti. Anche dal punto di vista compositivo le idee non sono ancora al massimo, tranne qualche sprazzo di stile come la celeberrima "Gutted" col suo infernale cambio di tempo, la devastante opener "Meathook Sodomy", la title track o la spettacolare "Innards Decay". Purtroppo l'originalità latita in 'Butchered At Birth', da considerarsi una seconda occasione mancata per i floridiani, che però non si faranno attendere troppo per il capolavoro, a onor del vero. I riff sono perlopiù una continua autocitazione, un semplice funzionalismo per ritmiche tiratissime e poco elaborate, lanciate come un treno in una corsa che ha il solo senso di essere violenta, con Chris Burnes (e l'immancabile ospite Glen Benton) che grugnisce storie di insana violenza, che non tradiscono le aspettative di tracklist e artwork. Ma al di là di questi difetti, il punto nodale del tipico disco dei Cannibal Corpse, cioè violenza e attitudine non viene mai a mancare. In questa sede manca solo il capolavoro, ma è solo una questione di tempo.
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