BLACK ABYSS: ANGELS WEAR BLACK
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18/10/2004Al giorno d'oggi suonare power metal in Germania e contemporaneamente evitare di rompere i coglioni all'audience con la solita accozzaglia di doppia cassa, ritornellone ruffiano e chitarre maideniane è un'impresa che riesce davvero a pochi. Eppure c'è chi tenta di cambiare il verso della marea, come questi Black Abyss, giunti al secondo album, che sembrano particolarmente fieri del loro autodefinito "dark power metal", ben lontano dalla Stratovariomania che ha invaso l'Europa qualche anno fa, e più vicino (almeno nominalmente) a nomi storici quali Metal Church o Iced Earth per comprosenza di strutture classicissime e atmosfere "nere". Peccato però che in questo disco le premesse non siano soddisfatte dalla realtà dei fatti: "Angels Wear Black" mette in mostra una serie di difetti assolutamente non trascurabili, e lo dico a malincuore perchè questo disco suona in tutto e per tutto come un tentativo mal riuscito. Cominciamo col dire che l'atmosfera oscura del disco è resa in primo luogo dai riff di chitarra cupi e aggressivi, molto (troppo) nello stile degli Iced Earth di "Something Wicked...", ma la criminale produzione di questo lavoro ne vanifica quasi del tutto il lavoro: le asce di Stefan e Harold sono infatti sotto di volume, equalizzate in maniera pessima e ammazzate da un sound insipido, piatto e incredibilmente "finto", a volte persino confuso e in ogni caso assolutamente inadatto alla proposta della band. Dubbi sorgono anche sulla gestione della sezione ritmica, assassinata da una ripetitività e una banalità disarmante, e sulla prestazione vocale del signor Oliver Hormung, a tratti convincente (soprattutto sui toni medio-bassi), a tratti assolutamente fuori tema con simil-growl e parti più acute abbastanza imbarazzanti. Nonostante tutto, però, i Black Abyss un paio di centri riescono a farli, con qualche parte davvero aggressiva e qualche ritornello sorprendentemente azzeccato. Anche qui però sorgono problemi: i brani che risultano più convincenti sono infatti quelli meno personali, mentre quando i nostri vogliono osare, ad esempio aprendosi ad asperità thrash metal come nell'opener "Damnation" e nella brutale "The Messenger", convincono solo a metà, risultando piuttosto scialbi quando non noiosi. Buoni episodi però non mancano, come ho già detto: l'icedearthiana "Shadows Of The Past" è una gran bella canzone, probabilmente la migliore del lotto (e visibilmente influenzata dal lavoro di Jon Schaffer e soci). come anche i due anthem epici, piazzati non a caso all'inizio, "Unholy War" e "Dark legacy". L'imperioso incedere di queste due marce di guerra riesce senza dubbio a colpire l'ascoltatore, ma anche a deluderlo con una mancanza di idee un po' preoccupante. La conclusiva "When Angels Wear Black" è un altro brano controverso, senza dubbio valido e trascinante, ma talmente maideniano da suonare più simile a un plagio che a un'"ispirazione". Insomma, quello che c'era da dire è stato detto... un po' rifacendosi all'arrugginita (per non dire cadente) tradizione power metal teutonica, un po' clonando qualche band d'oltreoceano, i Black Abyss tirano fuori un disco per tutti e per nessuno, ma non nel senso positivo del termine. Una sufficienza che vuola premiare sia la buona volontà che i bei brani presenti, ma va al di là del sei politico.
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