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OWENS, TIM RIPPER: PLAY MY GAME

data

09/06/2009
75


Genere: Heavy
Etichetta: SPV
Distro: Audioglobe
Anno: 2009

L'ennesimo ritorno, la vendetta del cantante maledetto, nessuna pietà... potrebbero essere un'infinità i sottotitoli per un disco solista di mr. Tim "Ripper" Owens, cantante dalla notevolissima dotazione ma destinato, pare, ad essere l'eterno "ex". Dai Judas Priest agli Iced Earth, dai Beyond Fera a Yngwee Malmsteen (questi ultimi, per ora, ancora "in tenuta), le sue collaborazioni sono sempre state all'insegna del "hai presente come cantava il nostro vecchio cantante? Ecco, prova a fare qualcosa del genere (che poi magari lo convinciamo a tornare e c'è continuità)". Questa volta, "Ripper" detta le regole, ed invita a giocare il SUO gioco. Bene, era ora, viene spontaneo osservare. Vediamolo, questo gioco. Ecco, diciamo che per "testare" un gioco nuovo non andrei a chiamare una multinazionale dell'intrattenimento per bambini per metterne i dirigenti a giocare con me, ma io non sono molto ambizioso. Tim pare invece di sì, ed è così che spunta una formazione da capogiro, che cambia ad ognuno dei dodici pezzi che compongono il disco e che tira in ballo vecchie e nuove glorie di gente come, tra gli altri, Savatage, W.A.S.P., Kiss, Queensryche, Whitesnake, DIO, Black Sabbath, Megadeth ed altri ancora. Una combriccola di un certo calibro, per intenderci. I risultati sono notevoli, quanto meno nell'ottica di un lavoro di Owens: un disco di sano Heavy massiccio, potente, con pochi compromessi e legato a doppio filo alla Old School, in cui i riferimenti stilistici principali, guarda caso, vanno a pescare tra Judas Priest e Black Sabbath della Dio Era. Certamente da questo punto di vista non è esattamente quello che si direbbe un disco sconvolgente, di quelli che cambiano il modo di fare Heavy; è anzi prevedibile, ed in una certa misura tende ad appiattirsi sulla lunga distanza, correndo il rischio di stancare piuttosto in fretta. Eppure c'è un eppure. C'è quella scintilla tipica del nostro eroe, quella grinta particolare che non permette mai di prenderlo in antipatia, quell'ingenua naturalezza nell'essere "fuori tempo": Tim non è mai stato uno che "fa" Heavy Metal, è anzi da sempre uno che "E'" Heavy Metal. E' un dinosauro sopravvissuto, un veterano dimenticato tra i monti ancora convinto di essere in guerra, ed è questo il suo fascino peculiare. La creatività di cui dispone è limitata ad uno specifico range che si esprime in questi dodici pezzi in ogni suo aspetto, dalla semiballad alla cavalcata, dal "pre-Doom" al "quasi-Thrash", senza mai andare oltre ma ricordando a tutti che, se anche non lo si adora, ignorarlo proprio non si può. Lui torna. Sempre.

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