AVATARIUM: The Girl With The Raven Mask
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13/11/2015A differenza dell’esordio omonimo del 2013, il quale è stato una prodezza del doom degli ultimi anni, il nuovo capitolo targato Avatarium ci svela invece una certa poliedricità che è sorprendente solo in minima parte. Perché se è vero che un artista come Leif Edling è stato, ed è tuttora uno dei massimi esponenti della scena doom mondiale, e quindi particolarmente e fisiologicamente soggetto a produrre materiale che abbia a che fare con la pesantezza dell’esistenza e con l’inquietudine quotidiana, è anche vero che questa sua attuale esperienza gli ha permesso, grazie alle potenzialità ed alle doti dei suoi compagni, di poter provare a spaziare ed a esplorare certi frangenti che possano rendere più variegato ed articolato un certo modo di produrre musica. Ecco quindi che in ‘The Girl With The Raven Mask’ di doom vero e proprio se ne sentono alcuni frammenti, ben determinati e ben dosati, inseriti in partiture musicali che spaziano dal rock più classico, per poi attraversare territori più vicini al prog ed anche al soul. La sensazione che non si è davanti al classico monolite che inesorabile incombe su di noi, la si ha subito in apertura di album, con la title-track che lo ha lanciato qualche tempo prima della pubblicazione. È un brano dove affiorano attimi di puro hard-rock, grazie al suo tiro immediato e trascinante. Sensazioni simili sono ben presenti anche in “Run Killer Run”, con la chitarra di Marcus Jidell (ex di Royal Hunt e Evergrey) e la voce di Jennie-Ann Smith che si amalgamano in maniera efficace, creando vorticosi panorami densi di vitalità. La base doom da cui proviene la band capitanata dal bassista e fondatore degli storici Candlemass è comunque presente e la si sente soprattutto in “The January Sea” ed in “Hypnotized”, pezzi nei quali spicca la superba voce della Smith. Lei che è consulente presso l’ospedale di Stoccolma, pescata quasi per caso durante i lavori dell’album precedente su intuizione proprio di Jidell, che è il suo compagno nella vita, e rivelatasi una degna esponente della corrente pesante e pensante dell’hard’n’heavy odierno, riveste il tutto di un’anima soul che ibrida malinconia e passione, tristezza ma anche voglia di reagire e di resistere. Continuando nell’esplorazione dei vari mondi musicali, c’è un elemento che spesso e volentieri fa capolino durante alcune canzoni. In questo caso si parla dell’inserimento di parti di tastiera, organo e sintetizzatori create da Carl Westholm, che danno un sapore prog vecchia scuola misto a dosi di occultismo non indifferenti. Si può gustare di questo prelibato ingrediente in pezzi come “Pearls And Coffins” ed “Hypnotized”, nell’atmosfera e nel sogno misti a potenza ed audacia di “Iron Mule”, ed anche nella già citata “Run Killer Run”, tra i pezzi migliori dell’intero lotto. Ancora una volta quindi Leif Edling centra il bersaglio in maniera convincente, e lo fa, come detto prima, creando scenari che detengono una certa versatilità. E qui meglio che nel disco precedente, vengono messe in risalto tutte le qualità ed il talento di Jennie-Ann Smith che unisce superbia e dolore, sfrontatezza e pensiero inconscio, con grande agilità e disinvoltura, assumendosi come realtà da non dover sottovalutare nel panorama rock internazionale.
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