AGENT STEEL: ORDER OF THE ILLUMINATI
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09/09/2003Che disco! Che disco! Che disco! La recensione è finita. Andate e comprate……. Scusate, è stato uno scatto improvviso dei miei ormoni adolescenziali che di tanto in tanto fanno ritorno e che non riesco a controllare. Ehm, sono passati un po' di anni ed a loro non sono più abituato, cercate di comprendere. Allora, nuova prova degli Agent Steel, che arriva dopo ben quattro anni dall'atteso ritorno("The Omega Conspiracy"): mastodontico, ciclopico, una montagna che si muove sulla terra, inarrestabile. Ma una montagna che filtra aperture melodiche, break acustici ed assoli con un tocco di classe vellutato tanto da lasciare intatta tutta la vegetazione incontrata sul proprio cammino. Un gigante gentile che spazza via la merda che ci circonda rendendola concime per una prossima rinascita. In effetti è quello che l'Agente d'Acciaio ha sempre fatto fin dal bellissimo esordio circa 18 anni fa ("Skeptic Apocalypse", da esso provate ad ascoltare "Children Of The Sun"), minato, successivamente, solo dai soliti problemi d'ego di alcuni componenti della band, John "aquilotto" Cirys in primis. Proprio quest'ultimo non è della partita, quella del rientro del 1999. Ed io aggiungo per fortuna: Bruce Hall, nuovo vocalist, sorta di Dickinson (toglieteci Hall) che si diletta alla grande con un genere non abituale per i suoi canoni, risulta molto più compatto e completo, interpreta a dovere ogni tonalità, e riesce a contribuire in modo considerevole al groove generale del disco con una prestazione assolutamente perfetta. I brani sono tutti impostati sulle coordinate del power-thrash americano, loro stesso punto di partenza e storicamente una delle band capostipiti del movimento, ma senza mai suonare retrò, senza mai cedere nulla al passato: a renderli tali è una inaspettata accortezza per gli arrangiamenti che trovano giusta sovrapposizione alle sfuriate strumentali, una struttura compatta e granitica che si concede il lusso di mediare la violenza sonora con attese, riprese di fiato e ripartenze sparate attraverso assoli dall'irresistibile gusto melodico. Il Caso è un ente non padrone, non trova posto in OOTI, tutto è cesellato con perizia e precisione, spazzato via da gemme come "Ten Fists Of Nations", 7 minuti e passa di marcia in mid-tempo con le due asce(Juan Garcia, unico superstite della formazione originale, e Bernie Versailles, entrato nella formazione con "Mad Locust Rising" e compagno di viaggio di Ray Alder con gli Engine), che macinano riff a ripetizione, arpeggiano, si scambiano il posto come soliste risultando lo "strong arm of the law" del pezzo e dell'intero album. Inutile sottolineare il superlativo lavoro della sezione ritmica, che in un unico aggettivo la si potrebbe definire i n c a n d e s c e n t e! All'ottima produzione gli altri pochi centesimi di merito rimasti. In definitiva: che disco! Che disco! Che disco! La recensione è davvero finita. Di corsa a comprare il cd.
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