ADAMS, BRYAN: 11
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03/06/2008Sono passati poco più di quattro anni dal rilascio sul mercato di 'Room Service', un album che aveva visto il grande AORster Bryan Adams accasarsi alla produzione di brani dalla tinte tipicamente pop rock, essenziali sia per quanto concerne la struttura che il relativo lavoro di produzione a corredo, una scelta artistica che, ovviamente, aveva portato alla creazione di un lavoro indubbiamente distante dai fasti dell'epoca d'oro dell'artista canadese. '11', alla fin dei conti, segue senza mezzi termini le orme del suo non clamoroso predecessore, il tutto forse motivato ancora una volta dalla volontà del buon Bryan di registrare e produrre parte del materiale nelle varie tappe del suo interminabile girovagare in tour, una scelta che si pone probabilmente in netta contraddizione con la necessità di ritagliarsi, a mente fresca, il giusto spazio per partorire (nel modo migliore) un cd al di fuori delle pressioni e dello stress di un contemporaneo tour in giro per il mondo. Ed è forse anche per queste motivazioni che '11' risulta essere un dischetto sì godibile ma di certo non paragonabile alle migliori creazioni della penna dell'artista d'oltreoceano, un'uscita in cui il tranquillo e rilassato incedere già intravisto nel proprio predecessore in studio si materializza ancora una volta in undici nuovi brani, pregni dell'essenza maggiormente cantautoriale del Bryan Adams artista e spogliati di tutti vari elementi accessori un tempo in voga nella propria rinomata proposta. Alla luce di quanto sin qui disquisito è quindi semplice comprendere la frangia di pubblico a cui può essere indirizzato '11', e cioè quella che anche nel morbido 'Room Service' era riuscita a scovare un certo feeling con il rinnovato e soffuso spirito del rocker di Vancouver, un compositore oramai indirizzato verso un ben preciso modo di intendere la propria carriera, e che probabilmente non rivedremo mai più alle prese con quelle sonorità dorate alla base della propria affermazione internazionale. Un tenero sorriso insomma, reso contemporaneamente nostalgico dalla consapevolezza di dover accettare senza riserve un tempo oramai trascorso.
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