BON JOVI: This House Is Not For sale
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10/11/2016No, ora non ci siamo piu' per davvero. Sono stato l'ultimo ad arrendermi, il primo difensore ad oltranza dei Bon Jovi che, dopo una carriera costellata di grandissimi inni hard rock e con i quali ho amato questo genere, ha cominciato a perdere la trebisonda. Jon si e' diviso tra politica, cinema, televisione e ha relegato la musica a canzoncine innocue. Parlare male di lui, pero', è da tempo il giochino preferito dei suoi fan storici, troppo semplice sparare sulla croce rossa. A me il giochino non è mai piaciuto, preferisco parlare di contenuti che male a priori, ancorandomi ad un passato che non esiste più. Ascoltando, infatti, con un orecchio più distaccato ed equilibrato, ho trovato decenti persino gli ultimi 'The Circle" e 'What About Now'. Perchè a me piace scrivere di musica. Già, la musica. Mettiamo subito in chiaro che questo è un album brutto sotto praticamente tutti i punti di vista, ed il divorzio con il membro storico Ritchie Sambora aveva cominciato a far vacillare anche me prima dell'ascolto. Al suo posto il bravo Phil X che, seppur timoroso, svolge il suo compitino senza strafare, ma non è certo colpa sua se qui manca del tutto il passato. Al cospetto 'Lost Highway' e 'Have A Nice Day' assurgono a status di semi-capolavori, qui possiamo trovare riferimenti espliciti agli U2 su "New Year's Day", o sentire fare il verso spesso (fatto male, pero') al boss Bruce Springsteen con mediocri esempi sparsi qua e la'. Ma più che paragonare qualcosa a qualcuno, oltre ad una melodia assente, di uno straccio di retrogusto malinconico per il rock che fu, si sentono suoni compressi, voci filtrate, urticanti passaggi dance come nell'orribile "Born Again Tomorrow" che mi fanno capire che il bel Jon ha in mente per il futuro tutto un altro pubblico rispetto a quando aveva i capelloni biondi, ora che sembra una versione americana del nostro Ligabue. La cosa che però mi lascia più basito è il pietoso stato che hanno raggiunto i lenti in casa Bon Jovi, un tempo fiore all'occhiello del gruppo, loro che ne sono stati i maestri anche in tempi non propriamente dei migliori. Tra lo stupore personale scorrono lo scopiazzamento di Chris isaak nella quasi inascoltabile "Labor Of Love", una noiosa ballata acustica in stile Bon Jovi solista del periodo 'Destination Anywhere' che risponde al titolo di "Scars On The Guitar", e la conclusiva "Come On Up To Our House" che scivola debolissima, senza infamia e senza lode, senza soprattutto lasciare traccia. Peccato doppio perchè l'inizio dell'ascolto è stato ingannevole, riempito dal singolo omonimo, gradevole e contagioso e da una "Living With The Ghost" carica, frizzante, bella energica, con un bell'alternarsi di soli di chitarra e un chorus da arena rock che mi avevano ben predisposto all'ascolto, mentre sappiamo tutti poi com'è finita. Dal marasma successivo salvo solo "Roller Coaster" che ha se non altro il merito di farsi canticchiare, ed un discreto appeal che non scivola mai nella noia. Non voglio dire che me l'aspettavo, non voglio salire sul carrozzone di quelli che avevano dato per morto il combo dopo 'Keep The Faith', non voglio mettere benzina sul fuoco. Io parlo solo dell'album che, se paragonato a 'Slippery Whwn Wet', lo manderei a posto con bel 3, mentre con una più giusta e moderna visione (moderno come il sound odierno dei Bon Jovi), non posso che bocciarlo comunque perchè manca proprio la voglia di pigiare di nuovo il tasto Play, e non mi era mai successo prima.
Alessandro
10/11/2016, 18:16
Un gruppo in totale declino, della serie toccato il fondo si continua a scavare. Poi vedere Jon strimpellare e canticchiare alla serata di chiusura della campagna elettorale della Hillary mi ha fatto letteralmente cascare le palle.
Gianni
12/11/2016, 12:29
Assolutamente d'accordo con te Alessandro.. questa cosa ha fatto intristire anche me.. e mette in evidenza come il buon Jon voglia essere sempre più somigliante al boss ( cosa che gli riesce male, tra l'altro..)