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ABORYM: Psychogrotesque

data

08/11/2010
91


Genere: Black Metal / Sperimentale
Etichetta: Season Of Mist
Distro:
Anno: 2010

Ah, la mente umana. Ci è dato sapere quanto immensa e intricata sia? No, di certo. Per ora accontentiamoci di ascoltare un disco per conoscere un artista, una band: entrare nel suo mondo e, più di tutto, vivere le sue stesse emozioni. In questo contesto, però, 'Psychogrotesque' ci attacca, ma non con violenza. È un disco forte e claustrofobico, ma con brevi boccate d'aria che però non bastano. È un tunnel scuro e sporco, con rumori in sottofondo che ci accompagnano in questo trip dannato: battiti di cuore in lontananza. Ronzii di mosche. L’ambiente è parecchio malsano, si. Il concept dietro questo ennesimo gioiello si sorregge sulla base di vari lavori letterari, come il "Maldoror" di Ducasse, o un poema di Blake. Si parla di uomini e di esistenze, di stanze che rivelano l’animo di persone che han perso la loro via, e sono rimasti intrappolati nella loro stessa vita. E la band lo fa miscelando al meglio ogni sorta di bizzarria elettronica, grazie all’ulteriore apporto di Davide Tiso (Ephel Duath), Richard Szabo, e dulcis in fundo Marc Urselli (fonico di John Zorn, ed è meglio che mi fermi qui). Di ospiti ce ne sono tantissimi: tra questi la folle e stupendamente sgraziata Karyn Crisis presta la sua voce su alcune parti del disco, finale compreso con un bell’assolo di Peter dei Blood Tsunami. 'Psychogrotesque' è inquietante: la sua forma è irrequieta, pesca tra il prog, il rock, fucilate black metal dei precedenti due dischi in studio, e bellissimi sono gli assoli di sassofono di Marcello Balena (nella parte V, c’è un finale tutto in crescendo davvero bellissimo). Tutte caratteristiche che trasportano ed esasperano in musica il concetto base del platter. Gli Aborym del 2010 ci presentano un piatto in cui ritroverete echi del passato sperimentale (Part VIII), ed altri del passato più violento (Part II o Part VII). Grandiose le parti recitate, quelle più velenose, e i brevi inserti dissonanti. Malato, grottesco, ma maledettamente affascinante.

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