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ABORYM: Hostile

data

06/03/2021
75


Genere: Industrial Rock
Etichetta: Dead Seed Productions
Distro:
Anno: 2021

Dopo una serie di album remix datati 2018 e 2019, ecco una nuova fatica in studio per i nostrani Aborym. Il progetto, noto nel black metal dalle influenze industrial, ha negli anni lasciato le briglie sciolte alle proprie divagazioni, abbandonando progressivamente il suo lato più estremo. 'Hostile' prosegue su quella linea, diventando sostanzialmente un industrial rock con tinte pop, avvicinandosi all’area di Marylin Manson & co. Il full-length sperimenta in un ambito insolito per la memoria dei fan, relegando però le proprie divagazioni al rock e al pop, con atmosfere che potrebbero solo vagamente far tornare alla memoria la nera fiamma. Aperture di chitarre, ariose atmosfere ed un’interpretazione vocale a metà tra il progressive e la malinconia del gothic, sono i punti di forza di un disco nel quale troviamo molte particolarità. Slegando il moniker alla storia del medesimo, ne siamo convinti, ci sarebbero meno musi lunghi ed ostilità rivolti al medesimo. Ovvio che gli appassionati del passato black degli Aborym, potrebbero apprezzare questo sterzata stilistica solo se di larghe vedute. Noi non possiamo che dirvi che il disco è prodotto egregiamente, con pezzi tutt’altro che banali,  mai eccessivamente e furbamente ancorati al concetto di industrial pop. Il compromesso di Fabban e soci non piacerà a tutti, ma la libertà stilistica e la spontaneità di Hostile sono innegabili. Pensiamo ora che si debba fare un po’ di ordine su questa folta selva di idee e che forse, solo con il tempo, si potrà assimilare un disco del genere. Jazz, rock, progressive, metal e pop, il tutto in chiave electro / industrial , sono tanti ingredienti e talvolta, anche se ben mesciuti, non sempre facilmente fruibili, vista l’eterogeneità della proposta. Noi vogliamo stare a metà tra chi amerà ed odierà un lavoro che, indiscutibilmente, sarà apprezzato o scansato dai più, senza compromesso. Il motivo risale al fatto che se da una parte avvicinerà un pubblico non avvezzo a certi suoni estremi, dall’altro non sarà accettato dai fans di vecchia data più oltranzisti. Forse nel titolo dell’album risiede l’ostilità che Fabban presume di suscitare, per un lavoro a cui pensiamo manchi un filo conduttore, ma che resta davvero buono sotto molteplici punti di vista.

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