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TONY IOMMI: Iron Man

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Inutile fare troppi giri di parole: se siete qui a leggere queste pagine, se siete qui ad ascoltare un determenato tipo di musica, è grazie a lui. Ringraziate quel signore che vedete in copertina. Ma visto che non tutti hanno ancora riconosciuto la sua paternità "universale", tocca allo stesso Tony Iommi raccontare del suo lunghissimo viaggio, tra Paradiso, Inferno e "Dio solo sa cos'altro" (per utilizzare un suo intercalare). Potrebbe facilmente essere l'Antico Testamento dell'heavy metal. Una autobiografia in cui vediamo aprirsi un personaggio distinto, non esattamente quello che ti dà confidenza alla prima occasione. Eppure eccolo qui, un volume che racchiude oltre quarant'anni di Storia con la S maiuscola (e anche minuscola in alcuni punti, ma si sapeva già che lo scapestrato ragazzo di Birmingham avrebbe fatto strada, checchè ne dicessero i suoi genitori). Dalla difficile situazione familiare, dal precoce contatto con la morte, i primi "fantasmi" (lui sostiene di averli visti in più occasioni tra l'altro), fino alla piena maturità, raggiunta navigando in un mare di droga (che ha fatto naufragare la storia con Lita Ford), orde di manager-sanguisughe e naturalmente la sua più grande creatura: i Black Sabbath. Ci arriviamo solo ora a nominare la più grande bandi di sempre, perchè? Semplicemente, nonostante siano stati ció che ha reso Iommi quello che è ora, nonostante abbiano cambiato la vita di noi tutti, nonostante la loro vita sia la vita di Tony, non è assolutamente un libro sui Sabbath. È il chitarrista che ripercorre le tappe del gruppo dai suoi punti di vista, non abbiamo una storia d'insieme: lui fondatore, attraverso i Rest e i Polka Tusk, lui artefice dei riff leggendari, lui che prende in mano la situazione mentre gli altri si sfasciano con ogni mezzo possibile. Emerge la figura integerrima dal punto di vista musicale di colui che con estrema semplicità ha dato il "la" a tutto ció che sarebbe venuto e che verrà in futuro. "Paranoid" scritta in quatro minuti, un Bill Ward che esce nobilitato col suo stile unico alla batteria rispetto ai vari Appice e Rondinelli, Ronnie il piccoletto che ti spiattella tutto in faccia, la figura di un Tony Martin dalla voce magnifica ma arrivato troppo presto alle luci della ribalta. In tutto ció, Iommi ha tenuto più o meno salde le redini dei Black Sabbath, in barba alla prigione a causa di accuse a suo dire infondate della sua seconda moglie, in barba a Bill che entra ed esce dal gruppo con seri problemi d'alcol, in barba alla girandola di gente che ha gravitato attorno alla Stella e ha contribito a farla brillare, come il figlio dei fiori Gillan o il fattissimo Glenn Hughes. Quello che manca in questo grandioso quadro a colori definiti è un contatto con i fan, sempre poco considerati ed ai margini. Qualche errore grammaticale (di traduzione, forse) potrebbe spazientire i meno appassionati, ma chiunque è arrivato fin qui con questa pseudorecensione sarà già corso in libreria.

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