STEFANO CAVANNA: Il suono del dolore – 30 anni di funeral doom
Opera prima di Stefano Cavanna, già collaboratore della webzine 'In Your Eyes', Caporedattore di 'Metaleyes' e tenutario di un proprio blog 'Mournful Sounds' con il quale promuove le realtà che si muovono tra il funeral ed il doom death. L’opera in questione è un lavoro titanico che è stato realizzato grazie ai due anni di pandemia a cui siamo stati sottoposti, nei quali l’autore, avendo a disposizione molto tempo libero, ha pensato bene di dar corso alla realizzazione di questo libro, necessario proprio perchè di eguali non ve ne sono in circolazione. Il funeral doom è il genere musicale pìù anticommerciale per eccellenza, in quanto tale destinato ad un pubblico di nicchia per non dire elitario, probabilmente per il suo scarso appeal e le tematiche che giocoforza gravitano attorno all’inelluttabile fine della vita. L’autore oltre ad effettuare un excursus che parte dai prime movers (Thergothon, Worship e Disembowelment) giunge alla conclusione che una delle band citate è deputata alla nascita del sottogenere (lascio ai lettori scoprire quale), sfata alcuni luoghi comuni, uno dei quali è il falso mito che vuole far credere che la maggior parte dei musicisti che suonano funeral doom sono depressi, tutt’altro (anche se ad onor del vero ci sono stati alcuni suicidi tra loro); mette in luce, altresi', che il ricorso a tali sonorità sepolcrali, malinconiche, magniloquenti, liturgiche, altro non è se non un processo di catarsi nei confronti della perdita di qualcosa molto caro o delal cosiddetta malattia dell'anima: la depressione. Suddivide le scene per settori di appartenenza: europa settentrionale (Shape Of Despair, Funeral, Skepticism, Nortt, Colosseum), centrale (Worship, Ahab) meridionale (Void Of Silence, Ras Algethi, Undergrave Experience), occidentale (Esoteric, Pantheist, Monolithe, Slow), orientale (tutta la monumentale scena sovietica, Comatose Vigil, Clouds, Raventale, Woe Unto Me), Nord America (Evoken, Hierophnat, Ea), Sud America, Oceania (Mornful Congregation) e perfino Asia ed Africa. Non traslascia veramente nulla, partendo dagli esordi, scandaglia interviste e riporta parecchi aneddoti che sono quelli che più incuriosiscono i lettori nonché le collaborazioni tra i musicisti che hanno dato vita ad altri progetti; ne consegue che il libro è consigliato sia ai neofiti che vogliono avvicinarsi al genere sia agli addetti ai lavori, i quali sicuramente scopriranno delle realtà che giocoforza sono sfuggite. Traspare però una certa omogeneità di fondo nel giudicare in maniera molto positiva le band trattate, specie quelle della seconda e terza ondata, lascio ai lettori scoprire tali formazioni ed ascoltandone i lavori conferirgli il valore che meritano.
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