FRANKIE MILLER: Voglia di ristampe
Scozzese purosangue (Glasgow la città natale), gran bevitore, ma anzitutto autore ed interprete straordinario, tra i suoi grandi estimatori Rod Steward e Bob Seger: Miller si ritaglierà anche una carriera da attore e compositore di svariate colonne sonore. Folgorato da ragazzo da Little Richard, ma in generale dalla musica soul e dal rhythm and blues, i primi passi muovono in direzione di una promettente band che sta per saldarsi intorno alle figure di Robin Tower (appena uscito dai Procol Harum), al bassista James Dewar e con il futuro batterista dei Jethro Tull Clive Bunker. Il progetto non va in porto, ma poco male per Miller che firma il suo primo contratto con la Chrysalis e nel gennaio del 1973 arriva negli scaffali ‘Once In A Blue Moon’. Accolto bene dalla critica del periodo, che né apprezza l’atmosfera da pub rock, un sound rilassato che attinge dal folk, come dal soul e dal blues, riscaldato dalla voce sgraziata di Frankie Miller. La canzone "I Can’t Change It" verrà ripresa niente di meno da Ray Charles, mentre "After All (I Live My Life)" transiterà tra le mani di Kenny Rogers. Ma è il fortunato incontro con Phil Lynott a regalarci una prestazione pazzesca, con quella "Still In Love With You", con ospite l’amico Gary Moore con il suo magico tocco alla chitarra, che spicca ed ancora oggi riesce a brillare sull’album ‘Nightlife’ pubblicato dai Thin Lizzy nel 1974. La voce di Miller non è di quelle che passano senza lasciare traccia, né resta colpito una leggenda come Allen Toussaint, autore, arrangiatore e produttore per una pletora di artisti, chiama a sé lo scozzese per raggiungerlo negli States, ad Atlanta in Georgia desideroso di far brillare il suo talento.
Dalla collaborazione nasce ‘High Life’ (1974), un disco americano fino al midollo, pregno com’è del multi suono che può vantare la terra dello zio Tom. Accolto benissimo dalla critica, non raccolse in termini di vendite il feedback che avrebbe meritato, viene rivalutato nel tempo (come spesso accade) anche grazie agli ottimi rifacimenti dei Three Dog Night (gruppo gandioso!) con "Play Someghing Sweet (Brickyard Blues)" e Betty Wright (tra le regine del soul nero) con "Shoo-Rah Shoo Rah". Al cospetto con un suono più maturo, ricco ma anche più tirato, grazie al motore funky ed una sezione fiati degna del miglior James Brown, Miller esprime una vocalità che potrebbe rappresentare il perfetto punto di contatto tra Joe Cocker e Paul Rodgers. La carriera di Miller è ad una svolta, la Chrysalis crede nel suo artista e lo indirizza verso qualche, lucido, cambiamento.
‘The Rock’ esce nel settembre del 1975, registrato a San Francisco in uno studio affacciato davanti alla tetra prigione di Alcatraz, situata sopra ad una piccola isola completamente rocciosa, da cui il titolo del terzo lavoro timbrato a nome della Frankie Miller Band. Prodotto da Elliot Mazer, apprezzato per le collaborazioni al fianco di Janis Joplin, Neil Young, Bob Dylan e The Band, l’artista scozzese compie un ulteriore passo in avanti pregiandosi di una scrittura pregiovolissima e di musicisti di altissimo livello, e come non citare la presenza della Memphis Horns ed Edwin Hawkings, altro artista di spessore (pianista, compositore ed arrangiatore) e Maestro per cori gospel. "A Fool In Love" (scritta a quattro mani con Andy Fraser dei Free) fu ripresa dagli UFO per l’album ‘No Heavy Petting’, il brano "Ain’t Got No Money" è stato riletto più volte a partire da Cher, Bob Seger e Chris Farlowe, a dimostrazione della bontà del raccolto scolpito nella ‘roccia’. La verve di Miller non sembra scemare, anzi album dopo album tira fuori il meglio di sé e questo grazie alla possibilità di circondarsi di nuovi musicisti e produttori che rappresentano per lo scozzese le condizioni ideali per liberare il suo estro.
Con ‘Full House’ (1977) trova e certifica la sua dimensione da rocker con il contributo di Chris Thomas (Roxy Music, Paul McCartney, Elton John, Pulp e Pretenders) che si rivela fondamentale, come la rimpatriata con Fraser per la stesura di "Be Good To Yourself", che scala le classifiche inglesi dei singoli e proietta Miller al centro dell’attenzione dei media e del pubblico. La quarta release si rivela ricca di suoni, i fiati sono il perfetto contorno per la voce negroide di Miller, che da par suo si conferma un interprete eccezionale: "Jealous Guy" porta la firma di John Lennon, "This Love Of Mine" è griffata a quattro mani con il ritrovato Robin Trower, mentre "Love Letters" è indirizzata a chi apprezza Springsteen e Seger. Ma il percorso di Miller non finisce di certo qui. Sotto la guida esperta di Jack Douglas (l’uomo dietro al successo degli Aerosmith), scopre le sonorità hard rock ma senza tradire le sue solide fondamenta soul funk e rhythm and blues.
‘Double Trouble’ (1978) è l’ennesimo meraviglioso album dipinto dalla voce calda e mascolina di Miller, per l’occasione coadiuvato ai cori da Steven Tyler (anche armonica), ma a spiccare è soprattutto la presenza del compositore inglese Paul Carrack (Phil Collins, Elton John, Tom Jones, Eagles, ma la lista è parecchio più folta) in ben cinque frangenti. Andy Fraser stavolta ci mette lo zampino in due tracce particolarmente marcate, la title track e "Love Is All Around", ma non manca anche l’ottima rilettura di una tra le tante perle cantate da Marvin Gaye "Subborn Kind Of Fellow". Tutte le ristampe prese in questione dalla Rock Candy contengono varie bonus, tra versioni live e demo, ma è soprattutto il restyling sonoro di altissima qualità a rendere speciali e preziose queste edizioni da non perdere.
P 1973/1974/1975/1977/1978-2021 Rock Candy Records
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