DEBORAH CURTIS: La storia di Ian Curtis e dei Joy Division
Il libro è frutto dei ricordi e del punto di vista della moglie: tradita, ferita nell’orgoglio ed emarginata; lei dipinge un Ian Curtis freddo, cinico e distaccato, attraverso un linguaggio semplice che riesce a provocare una febbrile voglia di proseguire nella lettura per acquisire quante più informazioni nel minor tempo possibile. Il film ‘Control’ mi provocò fortissime emozioni e diverse lacrime, ma si concentrava di più sull’adulterio del protagonista; il libro, invece, scandaglia il carattere e la complessità delle relazioni e comportamenti che Ian soleva intrattenere con chi gli gravitava intorno. Ne emergono la fragilità e la necessità di avere compagnia; la sua presenza/assenza nelle vicende descritte permette di avere diverse chiavi di lettura delle qualità relazionali del protagonista, spesso indolente nei confronti delle responsabilità di padre/marito e nella praticità della vita di tutti i giorni, anteponendo la band a tutto il resto (le cui gesta sono secondarie nella narrazione). Per contro rivela che la malattia ha contribuito a creare il mito (l'abilità nel ballare a scatti durante i concerti confondendo il pubblico incapace a distinguere se si trattasse di un attacco di epilessia o di arte performativa), e l'eccezionale dote di scrittore/compositore che non sapeva relazionarsi con la vita ed aveva previsto con largo anticipo la sua morte. Sconvolgente.
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