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ZELLO: FIRST CHAPTER, SECOND VERSE

data

23/02/2005
67


Genere: Progressive Rock
Etichetta: Lion Music
Anno: 2004

Ormai è appurato che la Lion Music è specializzata in ristampe, tributi e guitar heroes. E infatti ecco l'ennesima ristampa, stavolta di una semisconosciuta band svedese, gli Zello, il cui esordio risale al 1996. Questa riedizione ha perlomeno alcuni pregi: l'inserimento della chitarra (nella prima versione non c'era!!), un paio di brani aggiunti, e alcuni arrangiamenti modificati. Nonostante permangano alcuni dubbi sull'utilità di un lavoro di questo tipo, bisogna ammettere che il disco in questione non è male; pesantemente influenzato dall'hard settantiano, Deep Purple in primis, il combo svedese gioca la sua carta migliore con il violino di Lennart Glenberg, abile a creare atmosfere e melodie accattivanti in ogni canzone. L'opener, "Fairy Queen", sprizza energia da ogni nota, e trascina l'ascoltatore nel mondo un po' folk degli Zello. "Little Eve" è solo il primo di una serie di intermezzi musicali piazzati tra una canzone e l'altra... francamente non ce ne'era proprio bisogno, dato che non sono propriamente di altissimo livello, ma tant'è. "Hold On" è un buon brano, orientaleggiante e potente, rovinato solo dall'eccessiva lunghezza... un paio di minuti in meno avrebbero certamente giovato alla sua efficacia. Niente male anche la successiva "The Children Are Crying", impreziosita da un ritornello immediato e molto molto "catchy". L'influenza dei Deep Purple si fa largo prepotentemente in "The Angels Have Fallen", uno degli episodi migliori del cd; accattivante, settantiana, sarebbe interessante sentirla in sede live. Assolutamente incomprensibile, invece, la strumentale "The Humming", che non solo è inutile, ma addirittura infastidisce nella sua pochezza. "Voyager" è un brano roccioso non troppo riuscito, seguito dall'ennesimo intermezzo che ci porta dritti dritti a "Traffic Jam": Deep Purple, Deep Purple, e ancora Deep Purple, e guarda caso un altro brano perfettamente riuscito, con richiami allo stile di Glenn Hughes e un ritmo incalzante e irresistibile, che si collega alla successiva "Throug Clouds Of Virgin Angels", unica strumentale davvero riuscita di tutto il disco. La conclusione è affidata a una versione live di "Hold On", senza chitarra, senza grinta, con un cantato approssimativo... insomma, era meglio non inserirla.

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