TRASOS: LIVING MY DEATH
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15/08/2011Album primo per i veneti Trasos, band emergente che propone un sound inusuale e massiccio, dimostrando una certa temerarietà nell'intraprendere una strada poco battuta. Il punto, però, è che non si posseggono i mezzi per poter continuare questo cammino. E forse nemmeno per iniziarlo. Provate ad immaginare una band che cerca di suonare qualcosa di estremo, che vorrebbe essere un po' death, un po' black, con fraseggi melodici e via dicendo. Bene, adesso immaginate dei synth onnipresenti, ossessivi, invasivi, che di fatto schiacciano la composizione e vengono inseriti a sproposito, senza alcuna correlazione con ciò che gli altri strumenti stanno suonando. L'impatto con l'opener "Slavery" non è dei più semplici: le orecchie vengono letteralmente invase da queste tastiere prepotenti, equalizzate malissimo e che quasi coprono tutto il resto, dalla voce alla batteria. Insomma, nota di demerito a chi ha sistemato filtri, suoni e volumi. Si percepisce a malapena qualcosa che dovrebbe assomigliare al death melodico con qualche fraseggio sinfonico simile a qualcosa dei primi Emperor. Andiamo avanti, "Lies", lunga, un po' più tecnica nei riff che non sarebbero nemmeno tanto male, se non fosse per l'equalizzazione oscena, ma tanto ci pensano i synth ad inondare tutto. In "Suffering le tastiere ci danno più respiro, ma vanno comunque per la loro strada senza tener conto del resto, e dopo questo brano l'ascolto si fa sempre più arduo. Ci si continua a ripetere sostanzialmente, con menate sinfoniche e qualche riffetto thrash/death ("Nightmares", "Illusion"), fraseggi di tastiera da primo solfeggio ("Undead") e via dicendo. Insomma, qui bisogna davvero darsi da fare: registrare meglio perché la produzione è davvero scadente. E poi lavorare sulla composizione e l'armonia, perché qui siamo a livelli francamente inaccettabili.
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