FLESHGOD APOCALYPSE: Labyrinth
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11/09/2013Per la terza ed ambiziosa opera sulla lunga distanza (seconda su Nuclear Blast), i romani sono andati oltre quanto fatto finora, e memori dei fasti dell'Impero Romano ne hanno voluto dare testimonianza con un sound magniloquente ed epico, degno di tali gesta. I capitolini, assieme ai Ghost, sono tra le band più richieste nelle tournee del panorama metal internazionale (attualmente in giro negli States, e già hanno programmato di radere al suolo le maggiori capitali europee, non lesinando i centri minori con l’imminente tour europeo, e chissà che non devastino anche la madre patria), con l’unica differenza che gli svedesi tendono a scarnificare il sound, i Fleshgod inversamente aggiungono strati su strati (death, symphonic metal, brutal, doppia voce, archi e fiati, cori operistico/lirico/gregoriani - vedi "Epilogue" - progressive, thrash - come in "Towards The Sun", "Minotaur" e l'evoluzione di "Violation" dal precedente lavoro rappresentata da "Elegy"). 'Labyrinth' è più sinfonico rispetto ad 'Agony', pur mantenendo lo stesso livello di brutalità tipico dei Behemoth; le tastiere, i cori, le voci liriche e i passaggi sinfonico-progressivi sono più accentuati. Poderoso, possente e cristallino il suono, magistrale opera di Stefano Morabito (Eyeconoclast) che darà ulteriore visibilità ai suoi studi di registrazione (16 cellar studios), già ampiamente noti nell’underground del death metal. Come già fatto notare in sede di recensione del precedente lavoro, 'Labyrinth' mette molta più carne al fuoco, e proprio per questo che alla fine un senso di confusione sembra attanagliare la mente, come se si avvertisse una sensazione di information overload che non permette lucidamente di discernere ciò che vale dall'ondata di suoni dai quali si viene investiti. Tecnicamente eccelsi, dotati di una certa dose di originalità nelle soluzioni. Una delle pecche dell'opera risiede nuovamente nell’uso della seconda voce molto sforzata. L'ascolto del disco è un viaggio molto impegnativo, poichè l'opera di stratificazione dei generi suddetti rende meno digeribile la proposta e l'opulenza del risultato finale manda facilmente in tilt chi lo ascolta. Lo sforzo tecnico-compostivo e gli arrangiamenti sono di enorme portata,ma l'ascolto non è altrettanto facile. Sconsigliato fruirne durante la guida in quanto la complessità e la prolissità del suono comportano l'abbassamento della soglia di attenzione. Il lavoro di batteria (come già detto da Paul Barker, batterista di Dimmu Borgir, Cradle Of Filth solo per citarne alcuni) fa sfigurare tutta la progenie dei batteristi che hanno contribuito alla nascita e alla proliferazione del metal estremo; doppiacassa triggerata praticamente perenne, rullate a 10 tom, rallentamenti, sfuriate, chitarre che passano dal progressive al brutal, dal techno metal al thrash; ad ammantare il tutto di epica pomposità e drammatica teatralità (Septic Flesh) ci pensano le tastiere che svisano dal barocco (Therion seconda parte di carriera, da 'Theli' in poi per intenderci) al black, dalle musiche cinematografiche al semplice accompagnamento. Dopo un pranzo così luculliano di cosa si può aver bisogno? Un latte di suocera per digerire.
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