THUNDER: THE MAGNIFICENT SEVENTH
data
02/03/2005All'interno del panorama rock internazionale non si spiega come l'ondata di gruppi con monicker "The" qualchecosa abbia riscosso un gradimento di critica e pubblico ben oltre dovuto, ben oltre i meriti, e guardati come il vecchio buon rock che si ripresenta con un vestito "moderno", mentre band navigate e credibili come i Thunder sono sempre state oggetto di culto per pochi eletti nonostante in grado di dare birra a gran parte della "banda dell'articolo", tanto in voga quanto inutili. E la storia parla chiaro, sette album, infinite apparizioni dal vivo anche in contesti molto importanti, ed attestati di stima generosi quanti meritati. Eppure...eppure i riferimenti principali sono gli stessi, Bad Company, Zeppelin, Stones, ma dov'è l'attitudine? Dove il talento, e dove la passione di quattro gruppetti della sfiga sempre in onda sugli schermi dell'effimero e inchiostrati sulle pagine del trasitorio e ascoltati da orecchie appassite che credono che il rock sia risorto quando questi non è, diciamocela tutta, mai morto?
"The Magnificent Seventh" è una cavalcata alla "arrivano i nostri" che spazza via l'inconsistenza rock dei giorni nostri balordi fin dalla sua copertina. Alle porte della città gli eroici pistoleri si fermano mentre il sole alto spacca in briciole il terreno. I cavalli scalpitano e commercianti e banchieri si radicano dentro le mura roventi di legno affacciandosi spaventati alle finestre. Il saloon è a due zoccoli di cavallo, il regolamento di conti è ormai prossimo, i fratelli The hanno le ore contate.
Bowes e Morley hanno fatto di nuovo centro. Partiti dall'ottimo precedente "Shooting At The Sun", i due intensificano l'attacco sfoderando una prestazione totale da brividi. Brani incadescenti dalle scintelle spudoratemente settantiane, ed arricchiti da un piglio moderno e melodico che strizza l'occhio agli amanti delle sonorità melodic rock.
Brani che segnano una definitiva maturità artistica raggiunta con non pochi sacrifici e non senza amarezze, ma che alla fine ripagano del prezzo elargito. La sola canzone d'apertura "I Love You More Than Rock'n'Roll", con la sua velata ironia tipicamente albionica, potrebbe già lasciare segni indelebili.
Il resto scopritelo da soli.
Commenti